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L’aria rarefatta a 3.500 metri di altitudine si fa sentire nei polmoni, una combinazione pungente di freddo e assenza d’ossigeno. Sul ghiacciaio del Dente del Gigante, nel Monte Bianco, si addestrano i militari e gli scienziati fanno un esperimento importante: studiare il comportamento del corpo umano in condizioni estremo. Infatti, con i cambiamenti climatici, sarà fondamentale individuare nuovi equilibri. È questo l’obiettivo del Campo Alta Quota, allestito dall’Esercito con i ricercatori del Cnr e di diverse università. Tra tende piazzate nella neve e monitoraggi continui, i giovani alpini hanno percorso il ghiacciaio con zaini carichi, sfidando temperature estreme e condizioni che replicano quelle artiche. Ogni passo, ogni respiro, è diventato un dato prezioso per i ricercatori: sensori applicati alle uniformi hanno registrato parametri vitali, mentre nei bivacchi si è analizzato ogni aspetto, dall’alimentazione alla fatica, passando per le performance fisiche e cognitive.
L'esperimento
«L’alta quota rappresenta un ambiente unico per studiare l’adattamento dell’organismo umano» spiega Lorenza Pratali, 59 anni, cardiologa e prima ricercatrice presso l’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr. Lei che è stata medico nella spedizione femminile sul K2 e presidente della Società Italiana di Medicina di Montagna, conosce bene questi confini: «Abbiamo analizzato la risposta cardiovascolare e polmonare di 18 alpini, ma anche gli effetti dello stress fisico e dell’infiammazione in condizioni di ossigeno ridotto». Ma Campo Alta Quota non è stato solo fatica e scienza. È stato il simbolo di una collaborazione unica tra mondo militare e ricerca scientifica. L’Esercito e gli scienziati hanno trasformato il ghiacciaio del Monte Bianco in un laboratorio naturale. L’iniziativa, guidata dal Centro Addestramento Alpino di Aosta comandato dal generale Alessio Cavicchioli, mira a rispondere alle sfide legate al cambiamento climatico, allo scioglimento dei ghiacciai e all’apertura di nuove rotte nell’Artico. I risultati della ricerca avranno anche implicazioni per il turismo montano e le attività in alta quota, sempre più cruciali in un clima che cambia rapidamente. Ma non solo. L'Artico sta acquisendo sempre più rilevanza, grazie all'apertura di nuove rotte e alla scoperta di materiali rari e fonti energetiche, che influenzano la geopolitica della regione. «La montagna è un ambiente affascinante ma insidioso, caratterizzato da pericoli oggettivi come valanghe, ghiaccio e frane». Ma per gli amanti e i professionisti delle vette, la cardiologa Pratali sottolinea l’importanza cruciale dell’acclimatamento. Con l’innalzamento delle stazioni sciistiche a quote sempre più alte (a causa del cambiamento climatico), cresce il rischio per turisti e operatori del settore di trovarsi impreparati. «Per cime come i 4.000 metri è fondamentale prevedere un periodo di preparazione adeguato, dormendo a quote intermedie nei mesi prima» spiega Pratali. I risultati di studi come quelli condotti sul Monte Bianco non sono utili solo ai militari, ma aprono prospettive nuove: «Questi studi esplorano i limiti del corpo umano e aiutano a migliorare sicurezza e performance in alta quota», conclude Pratali. La sua ricerca l’ha portata in luoghi come Nepal, Bolivia e Perù, dove ha condotto studi pioneristici: «Che siano spedizioni himalayane o escursioni alpine, la scienza ci aiuta a superare i limiti».