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Prima o poi doveva succedere: è scoppiata la prima grande contraddizione tra la visione dell’America di Elon Musk e quella del popolo MAGA e non poteva essere che su un tema primario come l’immigrazione.
Il tutto è iniziato il giorno di Natale quando, sul social di cui è proprietario, è scoppiato un dibattito tra Musk stesso e alcune figure della destra estrema trumpiana sulla questione dei visti H-1B, permessi di lavoro che vengono assegnati a lavoratori altamente specializzati e di cui le aziende di Musk - Tesla, SpaceX e Neurolink soprattutto - fanno grande uso per attirare negli Usa ingegneri e scienziati indiani e asiatici.
L’attivista di estrema destra Laura Loomer – negli ultimi tempi della campagna elettorale molto vicina a Trump: pare sia stata lei a suggerirgli la famosa questione degli immigrati haitiani in Ohio che mangerebbero cani e gatti - ha criticato la scelta di Trump di nominare Sriram Krishnan, un imprenditore e investitore tecnologico nato in India, come suo consulente politico senior sull’intelligenza artificiale. Loomer ha sottolineato il precedente sostegno di Krishnan alla rimozione di alcuni limiti sulle carte verdi e alla facilitazione della capacità dei lavoratori stranieri qualificati di venire negli Stati Uniti. La politica è “in diretta opposizione” all’agenda di Trump, ha scritto. Musk a quel punto ha risposto, così come ha fatto David Sacks, che sarà lo czar dell’intelligenza artificiale e delle criptovalute, e Vivek Ramaswamy, che guiderà una commissione per tagliare la spesa pubblica insieme a Musk. Ramaswamy ha detto chiaramente che gli Stati Uniti non producono abbastanza ingegneri qualificati, perché lo studio della scienza non è una priorità, accusando gli americani di essere in qualche modo viziati.
Musk – che arrivò negli Usa proprio con in visto H-1B – ha spiegato che preferirebbero assumere lavoratori americani perché ottenere i visti per i lavoratori stranieri può essere dispendioso in termini di tempo e denaro, ma che «Il numero di persone che sono ingegneri di grande talento e super motivate negli Stati Uniti è decisamente troppo basso e se vuoi che il tuo team vinca il campionato, devi reclutare i migliori talenti ovunque si trovino». Nel dibattito è intervenuta anche l’ex candidata repubblicana alla presidenza Nikki Haley, che ha sostenuto la posizione di Loomer. «Se l’industria tecnologica ha bisogno di lavoratori, che investa nel nostro sistema educativo», ha scritto su X. «Investire nella nostra forza lavoro americana. Dobbiamo investire negli americani prima di guardare altrove».
La faida online non è certo passata inosservata: è al cuore di due diverse visioni dell’America e riflette le sfide che Trump dovrà affrontare per tenere unita la delicata coalizione politica che gli ha consegnato la Casa Bianca, che comprende livelli senza precedenti di sostegno finanziario da parte di Musk e di altri miliardari della Silicon Valley che però sul tema dell’impiego di lavoratori stranieri hanno esigenze opposte rispetto alla volontà della base MAGA di affermare il credo American First a ogni costo.
Possono gli Stati Uniti permettersi di isolarsi e di non far entrare risorse intellettuali necessarie a mandare avanti le aziende tecnologiche in vista di una competitività ancora più serrata con la Cina? È evidente che il prezzo da pagare sarebbe altissimo in termini economici da una parte, ma per Trump potrebbe essere un prezzo alto da pagare politicamente, se dovesse cedere alle richieste di Musk e Ramaswamy. «Il programma H-1B contribuisce significativamente all’economia americana, stando a dati pubblicati nel 2024 dall’American Immigration Council», ha scritto Simone Somekh nella sua newsletter. «I lavoratori H-1B, solitamente impiegati in settori altamente specializzati, potenziano il mercato del lavoro grazie alle loro competenze. Inoltre, le aziende che assumono lavoratori H-1B tendono a investire di più negli Stati Uniti, piuttosto che all’estero, contribuendo alla crescita economica attraverso la creazione di nuove imprese, brevetti e venture capital».
Secondo il Washington Post Amazon è stato il principale sponsor dei visti H-1B nel 2024 con 9.265, mentre gli altri giganti della tecnologia Google, Meta, Apple e IBM si collocano tutti tra i primi dieci sponsor per questo tipo di visti. In tutto questo la posizione di Trump è come spesso contraddittoria. In una dichiarazione del marzo 2016, aveva promesso di «porre fine per sempre all’uso dell’H-1B come programma di lavoro a basso costo e di istituire l’obbligo assoluto di assumere prima i lavoratori americani per ogni visto e programma di immigrazione», una posizione sostenuta dall’allora suo consigliere Steve Bannon. In realtà, il programma H-1B continuò sotto la sua prima amministrazione, sebbene con maggior controlli, rendendo il processo più oneroso per lavoratori e datori di lavoro.
Nell’ultimo anno del suo primo mandato, Trump aveva emesso un’ordinanza che bloccava temporaneamente nuovi visti, compresi gli H-1B. In una intervista al New York Post di ieri, si è invece detto molto favorevole ai visti H-1B sostenendo di averne lui stesso fatto molto uso nelle sue aziende e quindi di fatto appoggiando la visione degli imprenditori della Silicon Valley. Sembrerebbe una prima vittoria di Musk, quindi, la cui influenza su Trump si fa ogni giorno più evidente anche se, come sottolineano alcuni, con Trump non si può mai dire.