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CITTÀ DEL VATICANO. Poche ore dopo avere aperto e varcato la Porta santa, nella Notte santa, dando inizio al Giubileo, Francesco invoca un cessate il fuoco globale. Pace in tutto il mondo. «Tacciano le armi in Ucraina e Medio Oriente. A Gaza si liberino gli ostaggi e si aiuti la popolazione stremata». L’appello: in est Europa si apra «un negoziato». La denuncia: nella Striscia «situazione umanitaria gravissima». Il Papa esprime vicinanza anche a «Siria e Libano». Dalla loggia centrale della Basilica Vaticana nella Solennità del Natale, prima di impartire la Benedizione Urbi et Orbi (alla città di Roma e al mondo), il Pontefice chiede che l’Anno dedicato alla speranza «sia l’occasione per abbattere i muri di separazione: quelli ideologici e quelli fisici, come la divisione di Cipro. E per rimettere i debiti, specialmente quelli che gravano sui Paesi più poveri». Il pensiero ai bimbi nelle guerre e agli anziani soli.
Alle 12 il Vescovo di Roma rivolge il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli presenti in piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione: «Cari fratelli e sorelle, buon Natale! Questa notte si è rinnovato il mistero che non cessa di stupirci e di commuoverci: la Vergine Maria ha dato alla luce Gesù, il Figlio di Dio, lo ha avvolto in fasce e lo ha deposto in una mangiatoia. Così lo hanno trovato i pastori di Betlemme, pieni di gioia, mentre gli angeli cantavano: “Gloria a Dio e pace agli uomini”». Questo avvenimento, «accaduto più di duemila anni fa, si rinnova per opera dello Spirito Santo, lo stesso Spirito d’Amore e di Vita che fecondò il grembo di Maria e dalla sua carne umana formò Gesù». E così oggi, «nel travaglio di questo nostro tempo, si incarna nuovamente e realmente la Parola eterna di salvezza, che dice ad ogni uomo e ogni donna, che dice al mondo intero: “Io ti amo, ti perdono, ritorna a me, la porta del mio cuore è aperta!”. Fratelli e sorelle, la porta del cuore di Dio è sempre aperta, ritorniamo a Lui! Ritorniamo al cuore che ci ama e ci perdona! Lasciamoci perdonare da Lui, lasciamoci riconciliare con Lui! Questo significa la Porta Santa del Giubileo, che ieri sera ho aperto qui a San Pietro: rappresenta Gesù, Porta di salvezza aperta per tutti». Cristo è «la Porta che il Padre misericordioso ha aperto in mezzo al mondo, in mezzo alla storia, perché tutti possiamo ritornare a Lui. Tutti siamo come pecore smarrite e abbiamo bisogno di un Pastore e di una Porta per ritornare alla casa del Padre». Il Figlio di Dio è «il Pastore, Gesù è la Porta. Fratelli e sorelle, non abbiate paura! La Porta è aperta, è spalancata! Venite! Lasciamoci riconciliare con Dio, e allora saremo riconciliati con noi stessi e potremo riconciliarci tra di noi», anche con «i nostri nemici». Perché la misericordia di Dio «può tutto, scioglie ogni nodo, abbatte ogni muro di divisione, dissolve l’odio e lo spirito di vendetta. Venite! Gesù è la Porta della pace».
Spesso ci si ferma solo «sulla soglia; non abbiamo il coraggio di oltrepassarla, perché ci mette in discussione. Entrare per la Porta richiede il sacrificio di fare un passo, di lasciarsi alle spalle contese e divisioni, per abbandonarsi alle braccia aperte del Bambino che è il Principe della pace. In questo Natale, inizio dell’Anno giubilare, invito ogni persona, ogni popolo e nazione ad avere il coraggio di varcare la Porta, a farsi pellegrini di speranza, a far tacere le armi e a superare le divisioni!».
Jorge Mario Bergoglio chiede con forza: «Tacciano le armi nella martoriata Ucraina! Si abbia l’audacia di aprire la porta al negoziato e a gesti di dialogo e d’incontro, per arrivare a una pace giusta e duratura. Tacciano le armi in Medio Oriente!». Con gli occhi «fissi sulla culla di Betlemme, rivolgo il pensiero alle comunità cristiane in Israele e in Palestina, in particolare a Gaza, dove la situazione umanitaria è gravissima. Cessi il fuoco, si liberino gli ostaggi e si aiuti la popolazione stremata dalla fame e dalla guerra».
Papa Francesco è «vicino anche alla comunità cristiana in Libano, soprattutto al sud, e a quella in Siria, in questo momento così delicato. Si aprano le porte del dialogo e della pace in tutta la regione, lacerata dal conflitto. E voglio ricordare qui anche il popolo libico, incoraggiando a cercare soluzioni che consentano la riconciliazione nazionale».
Francesco si augura che «la nascita del Salvatore possa portare un tempo di speranza alle famiglie di migliaia di bambini che stanno morendo per un’epidemia di morbillo nella Repubblica Democratica del Congo», come pure alle popolazioni «dell’Est di quel Paese e a quelle del Burkina Faso, del Mali, del Niger e del Mozambico». La crisi umanitaria che le colpisce «è causata principalmente dai conflitti armati e dalla piaga del terrorismo ed è aggravata dagli effetti devastanti del cambiamento climatico, che provocano la perdita di vite umane e lo sfollamento di milioni di persone».
Il Pontefice pensa «pure alle popolazioni dei Paesi del Corno d’Africa per le quali imploro i doni della pace, della concordia e della fratellanza. Il Figlio dell’Altissimo sostenga l’impegno della comunità internazionale nel favorire l’accesso agli aiuti umanitari per la popolazione civile del Sudan e nell’avviare nuovi negoziati in vista di un cessate-il- fuoco».
L’annuncio del Natale «rechi conforto agli abitanti del Myanmar, che, a causa dei continui scontri armati, patiscono gravi sofferenze e sono costretti a fuggire dalle proprie case».
Il Bambino Gesù ispiri «le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà nel continente americano, affinché si trovino al più presto soluzioni efficaci nella verità e nella giustizia, per promuovere l’armonia sociale, in particolare ad Haiti, in Venezuela, Colombia e Nicaragua, e ci si
adoperi, specialmente in quest’Anno giubilare, per edificare il bene comune e riscoprire la dignità di ogni persona, superando le divisioni politiche».
Il Giubileo sia l’occasione «per abbattere tutti i muri di separazione: quelli ideologici, che tante volte segnano la vita politica, e quelli fisici, come la divisione che interessa da ormai cinquant’anni l’isola di Cipro e che ne ha lacerato il tessuto umano e sociale. Auspico che si possa giungere a una soluzione condivisa, che ponga fine alla divisione nel pieno rispetto dei diritti e della dignità di tutte le comunità cipriote. Gesù, il Verbo eterno di Dio fatto uomo, è la Porta spalancata che siamo invitati ad attraversare per riscoprire il senso della nostra esistenza e la sacralità di ogni vita, e per recuperare i valori fondanti della famiglia umana. Egli ci attende sulla soglia». Aspetta ciascuno «di noi, specialmente i più fragili: attende i bambini, tutti i bambini che soffrono per la guerra e la fame; attende gli anziani, costretti spesso a vivere in condizioni di solitudine e abbandono; attende quanti hanno perso la propria casa o fuggono dalla propria terra, nel tentativo di trovare un rifugio sicuro; attende quanti hanno perso o non trovano un lavoro; attende i carcerati che, nonostante tutto, rimangono sempre figli di Dio; attende quanti sono perseguitati per la propria fede».
A Natale «non manchi la nostra gratitudine verso chi si prodiga per il bene in modo silenzioso e fedele: penso ai genitori, agli educatori e agli insegnanti, che hanno la grande responsabilità di formare le generazioni future; penso agli operatori sanitari, alle forze dell’ordine, a quanti sono impegnati in opere di carità, specialmente ai missionari sparsi nel mondo, che portano luce e conforto a tante persone in difficoltà. A tutti loro vogliamo dire: grazie!».
E poi, l’Anno santo «sia l’occasione per rimettere i debiti, specialmente quelli che gravano sui Paesi più poveri. Ciascuno è chiamato a perdonare le offese ricevute, perché il Figlio di Dio, che è nato nel freddo e nel buio della notte, rimette ogni nostro debito. Egli è venuto per guarirci e perdonarci. Pellegrini di speranza, andiamogli incontro! Apriamogli le porte del nostro cuore, come Lui ci ha spalancato la porta del suo Cuore».
A tutti «auguro un sereno santo Natale».