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Nato e Ucraina, l’ora dei dubbi

6 mesi fa 9
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A Milwaukee si disegna il volto dell’America prossima ventura. Se Trump vincerà a novembre, naturalmente – agli elettori l’ultima parola. Intanto i repubblicani, uniti come non mai intorno a Donald Trump, con un successore designato in JD Vance, tracciano le direttive internazionali: pace con la Russia a spese dell’Ucraina; impegnarsi a fondo nella rivalità con la Cina a spese dell’impegno per l’Europa; alzare un muro di dazi e svalutare il dollaro a spese delle esportazioni cinesi ma anche europee. Fra variazioni sul tema, dalla Convenzione repubblicana (Rnc) emerge chiaramente il senso di direzione di una seconda amministrazione Trump: dichiaratamente mercantilistica, prioritizzando difesa commerciale su alleanze e interventi all’estero.

Nulla di rassicurante per il resto del mondo ad eccezione della Russia – al Cremlino simpatie e solidarietà per Donald Trump si sprecano, mentre Pechino è molto più guardinga. Trova seguaci in Europa, capofila Viktor Orbán, e in Italia, capofila Matteo Salvini, non si sa bene se attratti più dal richiamo ideologico del nazionalismo populista che aleggia a Milwaukee o dalla prospettiva di un rapporto privilegiato col Presidente americano in pectore. Forte della scommessa su Trump, il Primo Ministro ungherese si permette di sfidare l’Ue. Il suo “piano di pace” per l’Ucraina, privo di uno straccio di mandato, è oggi risibile, ma cosa succede se fa da falsariga all’iniziativa politico-diplomatica di un rieletto Trump? Che probabilmente si muoverebbe già a novembre, da “Presidente eletto”, senza aspettare di mettere piede alla Casa Bianca il 20 gennaio. Con l’Ue ancora sotto presidenza ungherese…chissà se Viktor ne ha parlato con Donald nelle sue due visite a Mar-a-Lago.

Nell’aria che tira a Milwaukee, questo non è uno scenario che metta il carro davanti ai buoi. Per la Rnc i giochi sono fatti. Sulle ali del tentato assassinio, del volto insanguinato, del pugno alzato di sfida, il ritorno dell’ex-Presidente al 1600 di Pennsylvania Avenue ha acquistato un’aura di inarrestabilità. I repubblicani, ex-nemici compresi, sono affluiti a Milwaukee per acclamarlo e parlare di cosa fare una volta completata la formalità del voto. Normalmente le convention sono una tappa per lanciare il candidato verso lo sprint finale, alla conquista della Casa Bianca. Questa Rnc va oltre, alla conquista dell’America. Quello che vi si dice è decisivo per gli americani – ad esempio, la nozione che la Costituzione stabilisce che gli Usa sono “una repubblica, non una democrazia” – ma conta molto per il resto del mondo, specie per l’Europa legata da tre quarti di secolo al filo doppio transatlantico con gli Stati Uniti. Milwaukee ci dice cosa aspettarci. È fondamentale anche per noi, in Europa, in Italia, capire quali possano essere le conseguenze su questa sponda dell’Atlantico.

L’interrogativo esistenziale per L’Europa è la tenuta della Nato. A Milwaukee nessuno dice di volerne uscire. Ma i respiri di sollievo sono prematuri. Gli Usa rimarranno nell’Alleanza – fra l’altro l’uscita richiederebbe la ratifica del Senato a maggioranza di due terzi, asticella molto alta. Ma rimane anche il loro impegno a difendere l’Europa? La credibilità deterrente dell’Alleanza è tutta lì. Rimane l’ombrello nucleare Usa del quale, da noi, si parla il meno possibile – salvo strapparci le vesti nel momento in cui Washington lo ripiegasse? Il segnale che verrà dall’Ucraina, o meglio dal sostegno americano, o meno, a Kiev nel difendersi contro l’aggressione russa – chiamiamo le cose con il loro nome – sarà determinante. Se Washington molla Kiev, imponendole di fatto di acconsentire a una “pax russa”, spiazza Nato e Ue e le loro promesse all’Ucraina. Allora l’Europa resta sola. Sola strategicamente – quanto contare sull’Articolo 5? Forse se spende il fatidico 2% del Pil per la difesa? – e probabilmente alle prese con una guerra commerciale con gli Usa.

La scelta di JD Vance come Vicepresidente dà esattamente questo segnale. Vance è uno dei maggiori critici dell’assistenza militare Usa all’Ucraina. È un aperto estimatore di Viktor Orbán, ha accusato Bruxelles di voler imporre un “imperialismo liberale” sul continente. Meglio prepararsi, se rappresentasse il futuro della politica estera americana. Al momento anche lui è allineato e coperto: è solo Donald Trump a condurre la danza. Cosa dirà stasera nel discorso di chiusura della Convenzione? Ormai il vecchio e glorioso “Grand Old Party” di Abraham Lincoln e Dwight Eisenhower è suo. Dopo averlo conquistato vuole conquistare l’America. Come? Con che ricadute internazionali? Ne sapremo di più dopo averlo ascoltato.

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