Perlomeno ci tengono su di morale. Matteo Salvini, per esempio. Il popolo ha sempre ragione, ha detto commentando le elezioni russe vinte da Vladimir Putin con quasi il novanta per cento dei favori. Semmai, ha aggiunto, le opposizioni dovrebbero riflettere sui loro errori come lui, quando perde, riflette sui suoi. Pertanto, e per dirne soltanto uno, Aleksej Navalny dovrebbe riflettere sull’imperdonabile errore d’essersi fatto assassinare. Caro Navalny, come si fa a fare opposizione da morti? Per il resto tutto bene, lo ha detto anche Vito Petrocelli. Non so se lo ricordiate. È stato senatore dei Cinque stelle e presidente della Commissione esteri. E sottolineo presidente.
È andato in Russia in qualità di osservatore internazionale, sebbene non abbia capito per conto di chi, ma sarà senz’altro colpa mia, e in un’intervista alla Tass – l’agenzia di stampa controllata dal governo di Putin – ha detto: tutto ok, alla grande, una prova di democrazia da andare in brodo di giuggiole. Ma il mio preferito è Michele Geraci. Quando Petrocelli era presidente, lui era sottosegretario allo Sviluppo economico, governo giallorosso, premier Giuseppe Conte. E ieri s’è stupito dello stupore. Logico che Putin prenda più dell’ottanta per cento. L’economia va una bomba (pardon), il tenore di vita sale (se non la si perde in guerra), l’orgoglio nazionale scoppia di salute più di un’atomica, e se Giorgia Meloni e Antonio Tajani facessero lo stesso, ha detto, anche loro guadagnerebbero voti. Grande idea. Peccato solo che l’Ucraina sia già stata invasa, accidenti. Però potremmo far fuori quei nazisti di San Marino.