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BUTTIGLIERA D’ASTI– La terra è meglio di Jung? Forse. Una cosa è certa. La natura alza il volume del monologo interiore. Fare ordine nel caos di passioni e nevrosi è un’impresa ardua. Una condanna comune. E ognuno fa come può. Poco importa se si riesce a farlo con il metodo Freud Breur da centinaia di euro sul lettino dello psicanalista, oppure zappando un campo di patate. Ciò che conta è arrivare all’obiettivo. Lo sa bene Gonzalo, 45 anni, docente di Storia a Buenos Aires.
Arrivato nella cascina di Buttigliera d’Asti, paese di 2500 abitanti al confine con il torinese, ciuffo impomatato, sguardo circospetto di chi non sa bene dove sia capitato e due trolley pieni di yerba mate: «Ho una scorta per tre mesi. Per gli argentini è come per voi il caffè». Tra le nocciole dell’azienda agricola di Federico e Manuela Chiais ha trovato un filo rosso che prima non aveva. Dentro il pollaio, quel ciuffo messo ritmicamente al suo posto per anni si è preso la licenza di fuggire qua e là senza chiedere il permesso. Gonzalo è solo uno dei tanti wwoofers che arrivano da ogni angolo del mondo nel piccolo paesino dell’Astigiano con la voglia di vivere a un’altra velocità.
«Mia moglie ed io abbiamo deciso due anni fa di entrare nella rete Wwoof, (Worldwide Opportunities on Organic Farms, ndr). Il movimento è nato nel 1971 ma non lo conoscevamo prima di incontrare Isabella De Caria, responsabile regionale. Grazie a lei abbiamo iniziato a fare il giro del mondo, restando a casa – spiega Federico, titolare dell’azienda agricola bio “I soffioni” – Ospitiamo persone che arrivano da ogni angolo del pianeta. Lavorano con noi in cambio di vitto e alloggio. Ma soprattutto condividono la propria vita intrecciandola con la nostra. Con rispetto, educazione, curiosità e a un po’ di sana follia».
Lui, 42 anni, una formazione da grafico e un passato da venditore pentito di fertilizzanti. Lei, un anno più giovane, ha lasciato il lavoro in una multinazionale del settore auto e logistica. «Abbiamo oltre 300 richieste all’anno ma non possiamo ospitare più di tre, quattro woofer per volta – spiega Manuela indicando le stanze per gli ospiti – In media restano tre settimane. C’è un bel via vai. Quando vado a prendere Alice all’asilo, ormai mi chiede sempre: mamma chi troviamo a casa?», mentre Viola e Leonardo, 9 e 10 anni, hanno già il dito puntato sul mappamondo. «Continua a stupirci il fatto che qualcuno parta dalle Hawaii o dalla Cina per venire qui a Buttigliera d’Asti. Non è un luogo blasonato come le Langhe, e neanche un territorio Patrimonio Unesco. Eppure i commenti di chi va via sono entusiastici. In questi alberi vedono una bellezza rara che noi ormai diamo per scontata».
Percorrendo il viale d’accesso alla cascina sembra di entrare, per errore, a casa di qualcuno, se non fosse per il mazzo di soffioni disegnato sul cartello affisso al cancello. Un trattore attorniato da biciclette per bambini, le ceste impilate con cura accanto alla rivendita di frutta, una distesa di canne su solchi ben curati. Nulla che possa attrarre insomma i frequentatori assidui delle beauty farm. Chi l’avrebbe detto a Caroline, giovane modella arrivata da Manhattan, che intrecciare l’aglio sarebbe diventato per lei un impegno inderogabile. Dopo le prime tre settimane a Buttigliera d’Asti, un intervallo in Danimarca, è tornata.
«Dopo un corso a Copenaghen, prima di ripartire per l’America sono ripassata da qui. C’è la fiera dell’aglio in paese per la festa di San Bernardo» spiega con la chiarezza di quando costruiamo a posteriori una logica per le nostre azioni. Di certo Ambre, 30 anni, una vita a disegnare gioielli di alta moda tra Parigi e Milano, fino a qualche settimana fa non moriva dalla voglia di annerirsi le unghie per strappare l’erba dalle cipolle. «Ho bisogno di affondare le mani nella terra, per disintossicarmi dalla grande città. Lo facevo da bambina con i miei nonni e provo ogni volta la stessa gioia infantile». Raccogliere le verdure di stagione è il suo modo di sacrificare del tempo sull’altare di un equilibrio bucolico di vecchia memoria.
Ma c’è anche chi sceglie di tuffarsi in questa vita agra per rompere con il passato. «Ci siamo licenziati dai nostri rispettivi lavori a Milano – raccontano Francesco e Ana, 45 anni di cui buona parte dietro al computer per Google e Linkedin – Vogliamo una vita diversa. Chissà quale, intanto rallentiamo i giri». Una scelta radicale condivisa anche da Costanza, ex consulente aziendale arrivata dal Cile in viaggio di nozze con Camillo. Passati i 35 anni, il bisogno di una svolta ha prevalso sul resto. «Lo stress stava mettendo a dura prova la mia salute. E ho detto basta. In queste settimane sono rinata».
Tra i wwoofers che arrivano a casa di Manuela e Federico, le reazioni alla quotidianità sono le più diverse.
«C’è chi passa tutto il tempo a leggere sotto un albero e chi invece vuole sapere tutto sulla coltivazione delle verdure – racconta Manuela– Gli americani abituati a mangiare cotolette e patatine, hanno voluto imparare alla perfezione i segreti della Bagna Cauda». Gary e Kate arrivati dall’Ohio, si sono cimentati anche con il vitello tonnato «meglio di ostriche e champagne». Non c’è verso che il primo esperimento venga perfetto. Tranne che nei film. «Poi hanno imparato talmente bene che oggi ci mandano le foto dei loro banchetti, con tanto di cappellino: W il Piemonte». Molti sono viaggiatori in solitaria. Ciascuno con un bagaglio da scaricare, seppellire o rinnovare. Di certo chi si è già condannato a una vita di tollerabile infelicità forse qui può ricorrere in appello. E come insegna l’Elzéard di Giono, che piantava 100. 000 ghiande aspettando nascessero 10. 000 querce, l’obiettivo è quello di rendere piacevoli gli alberi. O meglio, di rendere piacevole piantare gli alberi