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Netanyahu: 'Lo Stato palestinese? In Arabia Saudita'. Domani altri ostaggi liberi

3 ore fa 1
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        Benyamin Netanyahu spinge il futuro targato Usa della Striscia di Gaza e il "trasferimento volontario" dei palestinesi fuori dall'enclave infiammando la polemica con Riad, tra i più duri critici del piano di Donald Trump: "I sauditi possono creare uno Stato palestinese in Arabia Saudita, hanno molta terra laggiù", ha affermato polemicamente il premier israeliano in un attacco che allontana una normalizzazione con il Regno - che Riad lega indissolubilmente alla nascita di uno Stato palestinese - e che non fa bene alla fragile tregua in corso a Gaza.

      Mentre dopo alcune ore di ritardo e incertezza, Hamas ha consegnato la lista dei tre ostaggi, uomini civili, da liberare domani, nel quinto round di scambio di prigionieri: Eli Sharabi, Ohad ben Ami e Or Levy. In cambio, Israele rilascerà 183 prigionieri palestinesi, ha precisato la fazione islamica.

    "C'era uno Stato palestinese, si chiamava Gaza. Gaza, guidata da Hamas, era uno Stato palestinese, e guarda cosa abbiamo ottenuto: il più grande massacro dall'Olocausto", ha detto Netanyahu ribadendo la linea israeliana per la quale "non può esserci pace se Hamas resta". Sulla possibilità di uno Stato palestinese come condizione per una normalizzazione dei rapporti con i sauditi, Netanyahu ha quindi negato la sua disponibilità a stipulare "un accordo che metta in pericolo lo Stato di Israele".

    Dopo che l'attacco del 7 ottobre ha segnato una battuta d'arresto nel processo di distensione dei rapporti tra il Regno e lo Stato ebraico, Netanyahu ha dichiarato più volte - l'ultima martedì - di essere ancora impegnato per una pace tra i due Paesi: "Non solo penso che sia fattibile, penso che accadrà", ha detto durante la sua visita a Washington. Ma Riad ha chiarito che non ha intenzione di stabilire legami con Israele senza garanzie sulla nascita di uno Stato palestinese, sottolineando che questa posizione non è negoziabile e condannando qualsiasi tentativo di sfollare i palestinesi dalla loro terra, proposta israelo-americana che ha scatenato dure critiche dai Paesi arabi ed europei.

    In questo quadro, Israele tira dritto e continua a spingere il piano del tycoon, che nel frattempo ha chiarito come non ci sia "nessuna fretta" di dare concretezza alle sue idee, ribadendo che non ci sarà bisogno di schierare truppe Usa nella Striscia. Ma qualcosa si muove già: questa settimana il capo di Centcom americano, generale Erik Kurilla, è volato in Israele per incontrare il capo dell'Idf Herzi Halevi e fare il punto sulla situazione nella regione. E secondo Axios, che cita alcune fonti, il segretario di Stato Usa Marco Rubio dovrebbe recarsi per la prima volta in Medio Oriente dopo la conferenza della sicurezza di Monaco del 14-16 febbraio, con tappe in Israele, Emirati ed Arabia Saudita.

    Nel frattempo, il governo israeliano cerca di ridurre al minimo le voci critiche in patria: dopo aver ordinato di preparare un piano di trasferimenti "volontari" dei palestinesi da Gaza, il ministro della Difesa israeliano Katz ha messo in guardia funzionari e vertici militari dall'esprimersi contro il piano del presidente Usa, annunciando di aver ordinato di "rimproverare" il maggior generale Shlomi Binder, direttore dell'intelligence militare dell'esercito, per aver segnalato la possibilità di un aumento dei disordini in Cisgiordania dopo le parole di Trump. "Non sono contro il piano Usa", ha successivamente chiarito Binder. "In virtù del mio ruolo, ho solo presentato le possibili implicazioni sull'argomento".

    Nel frattempo, si guarda al quinto round di scambio di prigionieri e ostaggi di sabato, nel quadro della tregua che ha già portato al rilascio di 18 rapiti e centinaia di detenuti palestinesi. Hamas ha consegnato i nomi dei tre ostaggi che saranno rilasciati con alcune ore di ritardo, giustificandosi con le accuse a Israele di aver violato i termini del cessate il fuoco non consentendo l'arrivo a Gaza della quantità minima di aiuti prevista dall'accordo. E di aver bloccato l'ingresso nella Striscia degli escavatori per la sgombero delle macerie, con possibili ripercussioni sul recupero dei corpi degli ostaggi da riconsegnare alle forze israeliane. Accuse che mostrano chiaramente come la tregua resti appesa a un filo, mentre si attendono ancora dettagli sui negoziati per la seconda fase.
   

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