Una cosa brutta di questi tempi è che il pubblico di certi film si comporta peggio dei personaggi. Meglio: peggio dei personaggi di tanti anni fa, ora siamo più cattivi al cinema e nella vita. Succede con dei film italiani sugli italiani, come l’ultimo di Paolo Virzì, Un altro Ferragosto, uscito 28 anni dopo Ferie d’agosto, prima commedia a codificare la polarizzazione da berlusconismo. Ora nel film c’è il governo Meloni. E in sala ci sono coetanei degli attori e qualche ragazzo, tutti subito attribuibili al clan di destra o a quello di sinistra. Al controllo biglietti mi è passato avanti un Mazzalupi, aria maschia e moglie in ansia. Al mio «ehi» mi ha guardato come a dire «stupida zecca gender, se vuoi litigare ci sto, chemmefrega».
Che ci frega, in effetti. Solo, quest’incomunicabilità tra coetanei/concittadini/connazionali sembra peggiorata nel film come in sala. In tre decenni le differenze culturali non si superano più; se un tempo i due gruppi avevano fonti di informazione in comune, ora ne hanno di opposte, o non si informano affatto. Ed entrano di rado in contatto tra loro. I membri dei clan Mazzalupi e Molino si parlano solo se ventotto anni prima avevano fatto sesso o quasi. E rimpiangono che quel contatto interculturale non sia continuato, e loro sono rimasti prigionieri dei loro cliché. E ora fanno cose diverse, hanno diversissime percezioni dello spazio e del rumore (in sala i progressisti in disarmo odiano commentacci e plastica delle patatine, i conservatori risentiti tossiscono se due gay sono affettuosi). Nei clan di destra si è disinvolti in affari, i vecchi falliscono, le giovani vincono diventando influencer (è la storia di Fratelli d’Italia, a pensarci). In quelli di sinistra i padri non capiscono e non vedono i figli espatriati, ma sono struggenti coi nipoti, e tramandano memorie democratiche. Così un po’ ci si commuove (Virzì fa piangere, a volte, apposta). Per dinamiche familiari bipartite ma uguali per il pubblico in sala. Per il senso di fallimento a sinistra, tra anziani confusi e figli con vite troppo diverse dalle loro per essere d’accordo. Per il nervosismo a destra, l’incertezza verso referenti trucidi, occasionalmente violenti, amoralmente strumentali. Perché a fine film ci si alza un pochino più empatici ma dura poco (e la comunicazione resta a quasi zero, anche perché la gente ora fa pochissimo sesso, anche i più giovani, mamma mia).