Come si chiede a Giorgia Meloni (a proposito, ha ritirato la querela a Luciano Canfora, le fa onore) di dissociarsi da ogni braccio teso di Casapound, sebbene non appartenga alla sua maggioranza, allo stesso modo si chiede a Elly Schlein di dissociarsi dalla piazza filopalestinese (che filopalestinese non è) di oggi. Sono pretese anche un po’ stucchevoli: è ovvio che all’una e all’altra i voti facciano sempre comodo, anche quelli di gente poco raccomandabile. Ma all’ambiguità dovrebbe esserci un limite, e mi stupisco lo abbia superato un uomo mite e ragionevole come Roberto Morassut del Pd, che ha definito comprensibile la manifestazione ma con una «piattaforma parziale e limitata». Non credo l’abbia letta. Me lo auguro. Intanto la parola «Israele» compare soltanto all’inizio per chiarire il significato di «entità coloniale sionista», e di lì in poi sarà soltanto «entità coloniale sionista». Parziale e limitata? Poi si rivendica «la legittima pretesa di liberazione di tutta la Palestina storica, dal fiume al mare». Cioè la cancellazione dello Stato di Israele dal Medio Oriente. Parziale e limitata? Si chiede lo «smantellamento» di Israele «in quanto progetto coloniale di insediamento basato sulla pulizia etnica e sul genocidio sistematico del popolo palestinese». Parziale e limitata? Si vuole la sospensione della «propaganda di guerra messa in atto in ogni canale d’informazione e nei luoghi della formazione», ovvero tappare la bocca a chi non la pensa come loro. Parziale e limitata? Non è né parziale né limitata, è la piattaforma di Hamas. E non sono sicuro sia meglio di un braccio teso di Casapound.