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Open Arms, processo a Salvini: domani la sentenza a Palermo. Gli scenari e cosa rischia il vicepremier

3 giorni fa 2
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Salvini innocente o colpevole? Domani è il giorno della verità. Tutto è nelle mani dei giudici di Palermo: domani attesa la sentenza Open Arms. Appuntamento alle 9.30 all’aula del carcere Pagliarelli di Palermo, le accuse nei confronti del Ministro sono di sequestro di persona e abuso d’ufficio per aver impedito lo sbarco di 147 persone soccorse da Open Arms. La procura di Palermo ha chiesto sei anni di carcere perché il “porto sicuro doveva essere rilasciato senza indugio e subito, il diniego è stato in spregio delle regole e non per proseguire in un disegno governativo”, hanno spiegato i pm durante la requisitoria. “I diritti dell’uomo – hanno sottolineato - vengono prima della difesa dei confini”. Era l'anno 2019, governo di coalizione M5s e Lega. E' agosto, il periodo in cui vige il decreto sicurezza bis, i porti sono chiusi alle navi ong. Per circa 3 settimane 120 persone, in condizioni igienico-sanitarie pessime, rimasero a bordo della nave Open  Arms in attesa di pos, cioè il primo porto sicuro disponibile che per norme internazionali l’autorità costiera più vicina è tenuta a dare, in questo caso l'Italia. 

Open Arms, cosa è successo e perché Salvini è andato a processo con l'accusa di sequestro di persona

COSA RISCHIA SALVINI? 

Salvini rischia sei anni di carcere. Dovesse arrivare una condanna per il vicepresidente del Consiglio, sarebbe un problema non di poco conto per la Lega e anche per il Governo attuale. 
La Lega infatti, è pronta a cavalcare l'onda politicamente: non solo con dei punti di ritrovo a Roma e a Milano, ma con qualcosa di più grande, come una manifestazione o un presidio un po' com'è avvenuto ai tempi di Silvio Berlusconi fuori dal Palazzo di giustizia milanese. Inoltre in Via Bellerio profetizzano l’effetto boomerang: la condanna farebbe risalire nei sondaggi il partito. Ghiotta occasione da non farsi sfuggire puntando sul ruolo di vittima dell’allora ministro degli Interni, colpevole “di aver difeso i confini”.
Alla vigilia di uno dei processi più discussi a livello internazionale, non sono mancate le dichiarazioni e le prese di posizione in merito. In particolar modo la presa di posizione più eclatante è stata quella del gruppo dei Patrioti e del primo Ministro dell'Ungheria Viktor Orban, che, prima dell'inizio del pre-Consiglio Ue, hanno scattato una foto (insieme a Salvini) per esprimere la loro solidarietà al Ministro,  in cui mostrano una maglietta nera con l'immagine del leghista in stile "taglia" del Far West, sulla t-shirt è stampata anche la scritta: "Colpevole di aver difeso l'Italia". Sulla schiena è invece riportato l'art. 52 della Costituzione: "La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino" e #iostoconsalvini. “Justice” per Matteo, scrive su X il premier ungherese,Viktor Orban

Da parte degli alleati Salvini ha  raccolto solidarietà e stupore, alcuni non capiscono come sia possibile processare per un'attività amministrativa e politica un ministro.  “Porterò con me la loro solidarietà a Palermo", ha detto il leader della Lega Matteo Salvini uscendo dal pre-vertice dei Patrioti a Bruxelles. "No non li ho invitati a venire a Palermo, è l'ultimo venerdì prima di Natale, saranno giustamente impegnati in famiglia come avrei voluto essere io e invece io vado a Palermo curioso e determinato", ha aggiunto Salvini. 

Anche il vicesegretario Andrea Crippa della Lega ha voluto dire la sua e spiega che “un'eventuale condanna sarebbe un fatto gravissimo, una condanna all’intero popolo italiano. Tutto il partito è al fianco del suo leader ed è pronto alla mobilitazione”. Ma le parole che hanno fatto più rumore sono quelle del vicepremier Antonio Tajani che da Bruxelles ha ribadito: “La condanna sarebbe un paradosso, ha fatto il suo dovere” - ha aggiunto - “mi auguro che ci sia un giudice in Sicilia che applichi la legge nel giusto modo e sono convinto che Salvini debba essere assolto”.

L'esito della sentenza lo sapremo solo domani, tutto è nelle mani della Giustizia. Sicuramente la “prova regina” la lettera con cui l'allora Premier sottolineava che il no allo sbarco rischiava di configurare una violazione di legge, ignorata dal ministro. E visto che “la legge è uguale per tutti” sarà compito di chi la legge l'ha come professione a stabilire se tale fatto fu una violazione di legge o no.

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