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Papa Francesco, trasparenza totale sulla salute e la tradizione di riservatezza. Da Pio XII a Wojtyla, quando la Storia passa dal corpo del Pontefice

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 Da secoli la salute dei Papi viene considerata a tutti gli effetti una informazione sensibile. Dentro e fuori la Chiesa. Scrutare le reali condizioni psico-fisiche del sovrano pontefice è da sempre una attività considerata essenziale da parte dei governi interessati a capire in anticipo se la fine di un pontificato è vicina e, allo stesso modo, immaginare le eventuali svolte che potrebbe prendere il cammino della Chiesa nel futuro, considerando che ancora oggi la Chiesa resta uno degli snodi di soft power più rilevanti e temuti al mondo.

I PRECEDENTI

Gli annali sono traboccanti di pagine ricche di aneddoti. Per esempio quando durante il conclave del 1903, al termine del lungo pontificato di Leone XIII, arrivò il veto dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe per l'elezione del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, considerato troppo filo-francese benché quella fu l'ultima volta che le monarchie cattoliche poterono pronunciare un veto aperto su un candidato sgradito (si trattava di un antico e desueto privilegio che poi decadde). Oppure l'ansia con la quale il Cremlino durante la guerra fredda osservava da lontano la morte di Roncalli e l'elezione del polacco Wojtyla nel 1978. L'attenzione verso tutti i possibili cambiamenti non è mai venuta meno, a cominciare dalle fasi legate ad ogni fine pontificato.

L'analisi sullo stato di salute dei Papi ha assunto così dimensioni delicatissime. E per il Vaticano informazioni da custodire con la massima riservatezza. Basti solo pensare che fino a Giovanni Paolo II nessun Papa aveva mai messo piede in un ospedale per farsi operare o curare. Paolo VI, per esempio, che soffriva alla prostata scelse di farsi operare a casa e per lui fu allestita una stanza medica nel palazzo apostolico. Il motivo, naturalmente, era quello di evitare fughe di notizie e persino fotografie: probabilmente era ancora forte lo choc della foto scattata di nascosto dal medico personale di Pio XII ancora agonizzante, sdraiato nel suo letto, con la flebo attaccata. Una immagine poi venduta a peso d'oro a Paris Match.

WOJTYLA

Il debutto dei pontefici in ospedale avvenne quando Wojtyla nel 1981 rimaste gravemente ferito nell'attentato in piazza san Pietro per mano del terrorista turco Alì Agca. Si salvò per un soffio. Il secondo pontefice a metterci piede per cure prolungate e interventi è stato Papa Francesco, attualmente ricoverato al Gemelli per curare la polmonite bilaterale. Ogni giorno vengono diffusi report sanitari piuttosto trasparenti. «Dovete dire tutto» ha ordinato Bergoglio quando è entrato al policlinico anche se la trasparenza sulle informazioni mediche non è mai stata un tratto caratteristico della Chiesa. Anni fa uscì un libro (In sickness and in power di David Owen) che spiegava in maniera eccellente che malattia significa debolezza, debolezza significa vulnerabilità e di conseguenza un governante vulnerabile sarebbe stato destinato a governare per poco.

Durante la lunga malattia di Giovanni Paolo II il Vaticano ha dimostrato reticenza a confermare i primi segni evidenti del Parkinson. La conferma avvenne dopo una grande pressione da parte dei media e l'allora portavoce vaticano, Joaquin Navarro Valls (che era anche medico) dovette ammettere che si trattava di “disturbi extrapiramidali”. Nel frattempo il morbo si palesava con rigidità muscolari, tremori, cadute. Nel 2002 Wojtyla disse la frase famosa (ripetuta da Francesco) che la Chiesa si governa con la testa non con i piedi. Il Vaticano non volle nemmeno dire nulla sulla tracheomia al Gemelli: la notizia uscì da una agenzia di stampa.

La caparbia opacità nel dare informazioni sulla salute dei Papi ebbe ripercussioni anche sulle cause di morte di Giovanni Paolo I, creando la più gigantesca fake news sul pontefice che regnò solo 33 giorni. Non fu avvelenato da nessuno – come si disse - ma morì nel 1978 semplicemente per un infarto. Aveva il cuore debole e da decenni era in cura da un cardiologo veneto. A fare luce in modo definitivo è stata la vice postulatrice, Stefania Falasca che ha rintracciato tutti i referti medici di allora. Le voci di complotti e assassinii erano l'evidente conseguenza di una mancata chiarezza. Persino nel raccontare che quella mattina a trovare il cadavere di Luciani furono le suore. Poiché si ritenne poco adeguata questa versione, fu inventato che la scoperta venne fatta da un segretario. Il particolare emerse successivamente alimentando l'ipotesi di una macchinazione andata avanti per decenni.

Il corpo è sicuramente un tempio ma pure un campo di battaglia. E forse non a caso è possibile scorgere curiose similitudini con l'opacità dimostrata dal Cremlino a proposito della salute dei vari Segretari del Pcus all'epoca della Guerra Fredda. Il famoso raffreddore di Breznev fa scuola. Francesco con il suo ordine: «dite sempre tutto» sembra avere interrotto questa consuetudine.

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