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Papa Leone, lettera agli ebrei: «Rafforziamo il dialogo». Svolta dopo le tensioni nel pontificato di Francesco

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Per ricucire gli strappi con il mondo ebraico che si sono prodotti in questi ultimi due anni, dal Sette di Ottobre in poi, servirà ago e (tantissimo) filo. Leone XIV dovrà lavorare di fino per rammendare una tela che si presenta davvero lacerata, appianando gli equivoci che sono andati a sovrapporsi in diversi momenti del pontificato precedente, fino a produrre un diffuso senso di disagio e incredulità. La verità è che i rapporti tra l’ebraismo e il cattolicesimo non avevano mai toccato punti tanto bassi e il nuovo Papa sembra esserne pienamente consapevole. Già il primo passo che Prevost ha voluto fare lascia ben sperare la controparte per il futuro.

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Nello stesso giorno della sua elezione, l’8 maggio, subito dopo l’Habemus Papam e il suo discorso dalla Loggia delle Benedizioni in cui chiedeva al mondo una pace disarmata e disarmante, Leone XIV ha voluto inviare un messaggio inequivocabile al rabbino Noam Marans, direttore degli affari religiosi dell’American Jewish Commettee (AJC), vale a dire una delle più antiche organizzazioni ebraiche americane, fondata nel 1906 per la difesa dei diritti civili e dell’ebraismo, attiva in tutto il mondo contro l’antisemitismo. Da quel breve testo si evince quanto tutti abbiano bisogno di lasciarsi alle spalle contrasti e polemiche dannose. «I cardinali di Santa Romana Chiesa mi hanno eletto come supremo pastore della Chiesa cattolica. Sono lieto di informare che la solenne inaugurazione del mio pontificato sarà celebrata a San Pietro il 18 maggio. Sperando nell’assistenza dell’Altissimo, mi impegno a continuare e rafforzare il dialogo e la cooperazione con il popolo ebraico nello spirito del Concilio Vaticano II e nella dichiarazione Nostra Aetate», ha scritto Leone XIV menzionando – non a caso – uno tra i più importanti documenti conciliari divenuto la vera bussola nei rapporti con gli ebrei, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario.

Fu Paolo VI che nel dicembre 1965 appose la firma su una Declaratio per la mutua comprensione tra le fedi. Il testo finalmente cancellava per sempre l’accusa di deicidio che da secoli gravava sugli ebrei, all’origine di tante persecuzioni e discriminazioni. Nella Nostra Aetate si asserisce: «Se le autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo (…). Gli ebrei non devono essere presentati come rigettati da Dio, né come maledetti, quasi che ciò scaturisse dalla Sacra Scrittura. Si curi pertanto che nella catechesi e nella predicazione della parola di Dio non si insegni alcunché che non sia conforme alla verità del Vangelo e dello Spirito di Cristo».

Il messaggio inviato da Papa Leone XIV al rabbino Marans ha fatto tirare un sospiro di sollievo all’intero mondo ebraico. Domenica alla messa di intronizzazione saranno presenti diversi rabbini e anche il presidente israeliano Herzog, mentre lunedì prossimo verrà ricevuta nel Palazzo Apostolico una delegazione ebraica. Un messaggio analogo è stato inviato anche alla comunità ebraica di Roma, la più antica del mondo. Il rabbino Riccardo Di Segni per l’elezione nella Sistina di Prevost aveva formulato al nuovo pontefice «i migliori auguri di successo nell’impegnativa missione che gli è stata affidata per il bene dell’umanità» confidando «nel suo impegno a mantenere e promuovere i rapporti di collaborazione, rispetto e amicizia tra le nostre comunità».

LE CRITICHE

Gli interventi critici in questi due anni non sono mancati e le voci di diversi rabbini avevano evidenziato gli strappi. Nei mesi scorsi Di Segni, in una cornice accademica, al Laterano aveva esplicitato il profondo malcontento del mondo ebraico verso il vescovo di Roma ricordando diversi episodi tra cui il famoso presepe in Vaticano dove il Bambin Gesù era stato adagiato su una kefiah palestinese. In quella occasione sottolineò che quell’episodio aveva generato critiche «dal punto di vista politico perché si trattava di una scelta di campo pro-Pal. Ma anche di natura religiosa, perché spogliava il cristianesimo delle sue origini ebraiche». Il sospetto che serpeggiava da tempo tra diversi rabbini era che la Chiesa volesse cedere «di nuovo alla tentazione di tagliare i ponti con l’ebraismo». Di fatto tra gli effetti collaterali del conflitto scoppiato dopo il Sette Ottobre c’è stato anche il dialogo ebraico-cristiano. Anche il rabbino Marans, in una intervista al Messaggero, proprio in quel periodo, esplicitava la sua preoccupazione per certe prese di posizione politiche da parte di Francesco, ma adesso c’è bisogno di girare pagina. «Siamo profondamente commossi che papa Leone XIV, così presto nel suo pontificato, abbia ribadito il suo impegno per le relazioni cattolico-ebraiche», ha dichiarato Marans. Eppure quando fu eletto Bergoglio nel 2013 gli auspici del mondo ebraico erano tutti positivi. Fu anche il primo pontefice che, visitando Israele, volle andare a deporre dei fiori davanti alla tomba di Theodor Herzl, il padre del sionismo politico, rendendo così omaggio al movimento che ha ricreato la cultura ebraica nella sua antica patria. L’attacco di Hamas costato la vita a 1.200 ebrei nel 2023 e la conseguente guerra di Gaza con tante vittime tra i civili, hanno fatto precipitare le cose, fino allo stallo attuale. L’arrivo di Leone XIV fa sperare di nuovo. E, intanto, Leone XIV ieri si è recato dai confratelli agostiniani di via Paolo VI, appena fuori dalle mura vaticane, al Pontificio Istituto Patristico Augustinianum. Ha celebrato messa ed è rimasto a pranzo. «Un ritorno a casa», ha detto uno degli assistenti generali presso la Curia degli agostiniani.

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