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La diocesi di Bolzano e Bressanone - unica diocesi in Italia ad averlo finora fatto - ha rotto ogni indugio per scoperchiare definitivamente gli abusi sessuali commessi sui minori negli ultimi 70 anni dai suoi preti, affidando ad uno studio legale tedesco specializzato il compito di scandagliare gli archivi su un arco temporale di ben sessant'anni. Una procedura del genere (già sperimentata in altri paesi europei) finora è sempre stata scartata dai vescovi italiani, dal cardinale Matteo Zuppi e dalla Cei.
Monsignor Ivo Muser, in controtendenza, ha scelto però la via della trasparenza.
L'analisi del passato ha fatto affiorare 67 i casi accertati di abusi avvenuti sul territorio dell'Alto Adige tra il 1963 e il 2023. Episodi che riguardano 24 sacerdoti e 59 vittime. L'età media dei preti è risultata tra i 28 e 35 anni (al momento dei crimini), mentre quella delle vittima tra gli 8 e i 14 anni. Poco più del 50 per cento erano di sesso femminile. Lo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di Monaco di Baviera, che ha agito su incarico della diocesi ha lavorato per anni su vari terreni, incrociando dati, verificando le singole posizioni finora chiuse negli archivi. Una mossa che rientra nel progetto triennale che il vescovo Muser da lui denominato "Il coraggio di guardare", proprio per sottolineare il bisogno della Chiesa di agire in modo coerente e trasparente.
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VITTIME
Naturalmente per proteggere le vittime è stata scelto di rendere tutto anonimo e così, anche nella conferenza stampa, si è parlato di numeri. Il "caso numero 5" per esempio riguarda un sacerdote che nei primi anni Sessanta ha compiuto un primo abuso ed è stato trasferito dal vescovo, e poi un altro abuso ed è stato ancora trasferito, e così ancora per ben 50 anni. Purtroppo solo nel 2010 è stato escluso dall'attività pastorale anche se non si sa se è stato ridotto allo stato laicale dopo regolare processo canonico.
In relazione a questo caso l'avvocato Ulrich Wastl ha spiegato che purtroppo fa affiorare l'incapacità di riconoscere gli errori. «Manca una cultura dell'errore e questo, nel caso degli abusi, è l'inizio della fine". Ha fatto anche un riferimento alla presunzione d'innocenza, osservando che questo principio non esclude la possibilità di misure e provvedimenti preventivi.
Un altro esempio riguarda il "caso numero 15" che è invece dedicato a un sacerdote che, nonostante le proteste dei fedeli, ha celebrato i funerali di un suicida, che era stata una sua presunta vittima di abusi.
VERGOGNA
«Ogni caso è un caso di troppo, assolutamente di troppo. Sono molto colpito. Il mio primo pensiero e la prima riflessione durante questa conferenza stampa sono sempre stati rivolti alle vittime, sia che siano in vita o già decedute. Questo tema colpisce fortemente, ovviamente è legato anche ad un forte senso di vergogna: serve il coraggio di guardare» ha affermato Muser. «Tutto è iniziato con il mio consenso ad aprire tutti gli archivi della diocesi e permettere di prendere visione di tutte le fonti e di tutti gli atti. Voglio ringraziare per il lavoro svolto. Io mi metto molto consapevolmente e volutamente dalla parte delle vittime. Negli anni passati da quando ho assunto la carica di vescovo ho avuto contatti con questa terribile ferita, tramite il centro di ascolto istituito presso la nostra diocesi, ma anche grazie a contatti diretti e vi posso garantire che ho imparato molto».