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Pensioni, non si cambia ma servono 2,3 miliardi

2 settimane fa 6
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ROMA. Quanto valgono tre mesi di pensione degli italiani? E, soprattutto, nel momento in cui si torna a parlare di aumento dell’età pensionabile per effetto dell’adeguamento delle aspettative di vita, quanto risparmierebbe lo Stato applicando le nuove stime dell’Istat e facendo ripartire i contatori? Giovedì, per effetto della denuncia della Cgil si è scoperto che l’Inps in maniera molto maldestra, salvo poi fare retromarcia, aveva modificato i propri applicativi (senza essere formalmente autorizzata a farlo e senza nemmeno aver avvisato i suoi uffici con una circolare interna) e rivisto i criteri di uscita dal lavoro.

In pratica a partire dal 2027 si potrebbe aver diritto alla pensione di vecchiaia solo dopo aver maturato 67 anni e 3 mesi di età, contro i 67 anni di oggi, mentre per quella di anzianità verrebbero richiesti 43 anni e 1 mese di contributi. In aggiunta a questo, poi, a partire dal 2029 sarebbe previsto poi un ulteriore scatto all’insù di altri due mesi.

Il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon (Lega) ha subito messo le mani avanti dichiarando che non ci sarà alcun aumento, anche se l’Istat ha ormai certificato che l’aspettativa di vita in pensione per gli over 65 - che viene presa a riferimento per questo tipo di procedure confrontando l’ultimo biennio coi due anni precedenti - è salita da 20 anni e 4 mesi a 20 anni e 9 mesi, per cui in base alla legge andrebbe applicato lo scatto massimo di tre mesi. Come è già avvenuto in passato, però, il governo può bloccare questo adeguamento. A quale costo, però?

Al di là della disputa politica decidere o meno di procedere con l’aumento dei requisiti riattivando il meccanismo di calcolo automatico previsto dalla legge del 2009 (e che dopo il Covid era stato congelato sino a tutto il 2026 per tre bienni consecutivi) ha un impatto significativo sui conti pubblici: parliamo di oltre 2 miliardi di euro all’anno.

Prendendo infatti come base i flussi pensionamento dell’ultimo anno e l’importo medio degli assegni si vede che il risparmio per lo Stato sulle pensioni di vecchiaia alzando di tre mesi i requisiti ammonterebbe a circa 1 miliardo di euro. A questo importo si arriva calcolando circa 321 mila uscite a 953 euro di media al mese a cui aggiungere un quarto della quota riferita alla tredicesima (per un totale di 3.097 euro di media).

Per quanto riguarda le pensioni anticipate la stima é di poco più di 200 mila uscite ad una media, in questo caso, di 2.088 euro al mese che nel trimestre, sempre comprendendo la tredicesima, valgono 6.786 euro medi a persona arrivando così ad un totale che arriva oltre quota 1,36 miliardi di euro.

Tra pensioni di vecchiaia e uscite anticipate insomma, come detto, in ballo ci sono insomma oltre 2,3 miliardi di annui di risparmi, confermando quello che da tempo i sindacati sostengono, ovvero che il governo proseguendo per questa strada continuerebbe a far cassa sulle pensioni.

Se prevalesse la linea della Lega, a fronte di questa cifra nel momento in cui il governo decidesse il blocco in toto l’adeguamento dei requisiti, dovrebbe provvedere alla copertura dei mancati risparmi autorizzando un aumento significativo della spesa pensionistica. Spesa che solo in parte verrebbe compensata da tre mesi di contributi in più che i pensionandi verserebbero all’Inps restando al lavoro per un trimestre in più. Ma questa è una voce soggetta a troppe variabili e quindi la prassi vuole che in bilancio venga «coperto» l’intero mancato risparmio lordo.

La fuga in avanti dell’Inps intanto continua a far discutere. Per i sindacati quest’ultimo incidente deve portare il governo a riaprire al più presto il confronto sulle pensioni per arrivare a una riforma organica del sistema che garantisca assegni dignitosi sia per i pensionati attuali che per quelli futuri. Sul fronte politico, invece, per il presidente dei senatori Pd Francesco Boccia «allungare di 5 mesi i requisiti per andare in pensione, soprattutto modificare i coefficienti, è grave e scorretto e rischia di costruire un’altra categoria di esodati».

Quanto alla Lega, dopo Durigon, anche Alberto Bagnai attacca l’Inps. «Al prossimo ufficio di presidenza della Commissione bicamerale di controllo enti gestori chiederò ai rappresentanti dei gruppi di valutare l’opportunità di audire l’Inps in merito alla singolare vicenda del software di simulazione che forniva risultati non conformi alle normative in vigore» ha annunciato Bagnai, aggiungendo poi che «la materia previdenziale è delicata ed occorre evitare incidenti di comunicazione nel fornire ai cittadini elementi essenziali per guardare con serenità al futuro».

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