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Matteo Piantedosi resta al Viminale. E smentisce le voci che - dopo l'assoluzione di Salvini sul caso Open Arms - lo vorrebbero candidato alle Regionali in Campania e, al suo posto, il ritorno del leader della Lega. Come ai vecchi tempi, visto pure che adesso, è il ragionamento, l'assoluzione gli permetterebbe di ricoprire un incarico tanto delicato come quello di ministro dell'Interno. Ma, se è stata la premier Meloni la prima a frenare (anche perché di rimpasto, al momento, proprio non se ne parla), oggi è arrivata la smentita del diretto interessato. In un'intervista al Corriere della Sera, firmata Sarzanini, Piantedosi è stato perentorio: «Assolutamente no - ha risposto alla domanda sulla sua possibile candidatura in Campania - e l'ho già detto più volte».
Piantedosi sulla candidatura in Campania: «Non me lo ha chiesto nessuno». I papabili alla Regione
Insomma, di lasciare il Viminale per Piantedosi proprio non se ne parla. «Sono totalmente concentrato nello svolgimento dell'incarico che mi è stato affidato» ha dichiarato, sottolineando che «i positivi risultati che stiamo ottenendo rappresentano uno stimolo a pensare esclusivamente ad andare avanti».
Il ministro dell'Interno esclude pure che la richiesta di candidarsi in Campania possa arrivare, diretta, dalla premier: «Non me lo ha chiesto realmente nessuno e non vedo perché possa chiederlo Giorgia Meloni», ha detto.
«Il centrodestra - ha aggiunto Piantedosi - ha molte personalità politiche radicate nel territorio tra cui poter effettuare una scelta sicuramente migliore». Da uomo che per tutta la vita si è occupato di sicurezza, ammette che «come ministro dell'Interno» ha già l'opportunità, oltre che l'ambizione, di occuparsi della sua terra di origine, la Campania, «in ambiti e con modalità che meglio mi si addicono».
Certo, un'eventuale crescita delle quotazioni di Piantedosi alle Regionali in Campania risolverebbe sul nascere il botta e risposta tutto interno al centrodestra sul papabile candidato al fortino deluchiano. C'è Forza Italia, con il capodelegazione in Europa e coordinatore campano del partito Fulvio Martusciello che ha promosso fin dall'inizio la sua autocandidatura, ma che si è mostrato disponibile al passo indietro nel caso in cui dovessero farsi avanti nomi come quelli dell'industriale Antonio D'Amato, dell'attuale commissario della Zes unica del Sud Giosy Romani o di Piantedosi stesso. Ma a tirare l'altro lato della corda c'è FdI con Edmondo Cirielli, il vice ministro degli Esteri, che si è detto invece pronto a candidarsi qualora la richiesta dovesse arrivare dal partito.
D'altronde, da destra serve una risposta chiara al centrosinistra che in Campania si presenterà unito. Anche se, pure in area progressista, la quadra sul nome ancora non si è trovata. Forzature dell'attuale governatore De Luca a parte, si fanno strada in questo senso i profili del pentastellato Roberto Fico, l'ex presidente della Camera che si è detto pronto, regola dei due mandati permettendo, a candidarsi alla Regione (con l'appoggio dei cattodem), e quello dell'attuale sindaco di Napoli e presidente dell'ANCI Gaetano Manfredi, che i 5 Stelle preferirebbero però rimanesse alla guida del capoluogo partenopeo.
In ogni caso, Regionali a parte, il fronte Viminale, per Piantedosi, resta blindato. E il vicepresidente e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Salvini non costituirebbe alcuna minaccia. L'attuale titolare del Viminale ha ribadito l'«ottimo lavoro» del predecessore ai tempi del Conte I, ma ha sottolineato che «chi ora, in modo malevolo, vuole insistere a proporre una connotazione divisiva all'esito del processo di Palermo si deve rassegnare». Perché, ha concluso Piantedosi, l'unico effetto che ha prodotto sono state «le espressioni di apprezzamento del mio lavoro da parte del presidente Meloni e dello stesso Salvini».