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Il telefono che squilla di meno, poi poco, infine per niente. I grandi teatri che diventano teatri più piccoli, club, piazze di provincia. I cd che sugli scaffali dei negozi di dischi finiscono per rimanere nascosti sotto quelli degli idoli di turno delle masse. Questa è stata, in sintesi, la vita di Pierdavide Carone negli ultimi tredici anni, prima della vittoria di sabato sera alla terza edizione Ora o mai più, il talent show condotto da Marco Liorni - e ideato da Carlo Conti - che riporta davanti alle telecamere fuochi fatui della discografia italiana e li fa gareggiare tra loro.
Nel 2012 la carriera dell’ex allievo di Amici, lanciato da Maria De Filippi (arrivò terzo nel 2010, l’anno di Emma), sembrava essere sul punto di sbocciare. Merito di un mentore speciale: Lucio Dalla. Carone fu l’ultima scommessa del cantautore bolognese, talent scout dal fiuto infallibile che negli anni aveva scoperto artisti come Luca Carboni, Samuele Bersani e molti altri, che per lui quell’anno accettò di tornare in gara al Festival di Sanremo dopo quarant’anni, accompagnandolo - e dirigendo l’orchestra - sulle note di Nanì: «Mi disse che gli ricordava la sua 4/3/1943». Il duo si classificò quinto. Il Festival finì il 18 febbraio. Dalla morì il 1° marzo, undici giorni dopo. Fu una telefonata a far sgretolare i sogni e le speranze di quel promettente cantautore, che sabato sera ha trionfato - davanti a 1,9 milioni di spettatori, pari al 15,7% di share - proprio con una canzone del suo mentore, La sera dei miracoli.
Chi la chiamò?
«Maria De Filippi. Con la sua dolcezza mi spiegò che Lucio non c’era più. Quella mattina mi telefonò 17 volte. Era molto preoccupata. E aveva buoni motivi per esserlo».
Perché?
«L’impatto della morte di Lucio fu devastante, per me. Cominciai a soffrire di attacchi d’ansia. Anche durante i concerti. L’esposizione che avevo avuto fino ad allora cominciò a farmi paura. Mi chiusi in me stesso. Cambiarono inevitabilmente anche i rapporti con i discografici».
In che modo?
«Avevo, da contratto, un disco da consegnare. Ma non mi sentivo valorizzato. Mi dicevano che le mie canzoni erano vecchie, che c’erano troppe parole, che dovevo fare dei duetti. Decisi di mollare. Loro non si strapparono i capelli per trattenermi. Ripartii da zero».
Nel 2020 raccontò la sua lotta contro un tumore, senza specificarne la natura, che la costrinse a operarsi e a sottoporsi a un ciclo di chemioterapia. Oggi come sta?
«Dall’anno scorso sono ufficialmente un ex malato oncologico, un lusso che non si possono permettere in molti: nel mio caso il rischio di recidiva era circoscritto a un quinquennio».
Che conseguenze ha avuto il tumore sulla sua vita?
«Ci sono cose che biologicamente non potrò fare naturalmente. Non ho fatto in tempo a metabolizzarlo, che nel novembre del 2020 è morto mio padre, anche lui di tumore. La malattia mi ha insegnato a non avere paura».
Maria De Filippi la sente?
«L’ultima volta tre anni fa. Mi invitò come ospite ad Amici dopo l’uscita dell’album Casa. Era l’edizione di Sangiovanni. Spero che la vittoria di Ora o mai più mi aiuti a recuperare i contatti con lei. Mi piacerebbe avere un ruolo da coach dietro le quinte ad Amici, mettere a disposizione dei ragazzi la mia esperienza. Il caso di Sangiovanni mi ha fatto riflettere sulle conseguenze che il successo può avere sui giovani impreparati a gestirlo».
Discograficamente cosa si aspetta ora?
«Che quello che facevo prima di entrare nel programma non rimanga più nell’ombra. Io non ho mai smesso di scrivere canzoni. In tv ho presentato l’inedito Non ce l’ho con te. L’8 marzo sarò tra i concorrenti di Sanmarino Song Contest con Mi vuoi sposare?, sognando l’Eurovision. Oggi alle opportunità non dico più no».
L’obiettivo è tornare a Sanremo, l’anno prossimo?
«Sì. La strada è lunga. E dovrò essere bravo a non perdere di nuovo l’affetto del pubblico».