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Praga, sirene sovraniste: i giovani sono per l’Europa ma l’estrema destra europea vola nei sondaggi

9 mesi fa 33
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PRAGA. È affollata via Nazionale in una giornata di inizio primavera a Praga. Mentre camminiamo, Yveta indica una targa commemorativa in rilievo senza altre iscrizioni che una data: 17.11.1989. Sopra è appoggiata una rosa, ancora fresca. «Ogni novembre vengo anch'io con mia figlia a portare dei fiori» mi racconta in perfetto italiano la ex giornalista di Radio Prague International. «È il posto dove il 17 novembre dell’89 la polizia attaccò gi studenti inermi mentre andavano a dimostrare pacificamente contro il governo filo-comunista a piazza San Venceslao» prosegue. «Fu una carneficina, li massacrarono di botte». Ma da lì cominciò la Samste revolucia, la rivoluzione di velluto che compirà 35 anni il prossimo autunno. Quest’anno la Repubblica Ceca di ricorrenze ne ha diverse in calendario. Tutte cruciali. Qualche giorno fa, il 12 marzo, si sono ricordati i 25 anni dell'ingresso nella Nato e il primo maggio sarà il ventennale dell'entrata nella Ue. Se non ci fosse la Nato «forse oggi avremmo paura che a prevalere sia una certa stanchezza dell’Occidente nei confronti dell’Europa centrale?» - si è domandato il ministro degli Esteri Jan Lipavski - e dovremmo temere «che nell'interesse della pace si accetti l'influenza russa su Riga, Varsavia e Praga?». La guerra di aggressione a Kiev è stata «un forte reminder in merito al ruolo cruciale della Nato» ha ricordato il capo della diplomazia ceca. Ma se la fedeltà atlantica è più viva che mai, a che punto è l'europeismo dei cechi alla vigilia di elezioni cruciali?

Un caffè con vista sul Castello

L'ultimo sondaggio Ipsos rivela che il 47 per cento dei cechi è soddisfatto della presenza in Europa «solo che gli insoddisfatti fanno più rumore», commenta il professore Petr Just, che insegna scienze politiche alla Metropolitan University di Praga. Lo incontriamo per un caffè con vista sul Castello al Kavarna Slavia, lo storico locale dove l'ex presidente Vaclav Havel era solito passare il tempo, proprio di fronte al teatro nazionale. Il Caffè Slavia ha conservato una sua dignità mitteleuropea unita ad una patina di austerità sovietica che lo rendono immune alle sirene del turismo di massa. «A guardare i sondaggi, i cechi non sono soddisfatti del governo del premier Fiala, ma siamo a metà mandato, è normale» dice il politologo. La formazione liberal-conservatrice dell'attuale premier, l'Ods, «assimilabile per contenuti ai cristiano-sociali bavaresi», raggiunge il 15,5 per cento dei consensi e l'insieme dei cinque partiti della coalizione di governo - «la più larga che la Repubblica ceca abbia mai conosciuto» - raccoglie intorno al 38%. Il partito di opposizione dell'ex primo ministro Andrej Babiš invece sta volando nei sondaggi, con una quota di consensi che oscilla tra il 31 e il 38,5%. Dichiararsi contro i partiti di governo però non equivale ad essere veramente anti-Ue, avverte il professore. «I populisti di Ano, il partito di Babiš, non non vogliono davvero l’uscita dall'Unione, ma usano argomenti antieuropei per raccogliere consenso», ci spiega Just. Quando si è trattato di scegliere in che gruppo europeo collocarsi, Babiš ha scelto i liberali di Renew Europe di Macron, non l'Ecr di Fratelli d'Italia. «Quando parlano di Bruxelles usano parole come “burocrate” che per noi cittadini dei Paesi dell'ex blocco comunista ha grande presa, perché ha un'eccezione molto negativa» continua: «Molti cechi hanno “il complesso di Monaco”, cioè sono convinti che tutto si decida sopra le loro teste, come successe alla Conferenza del 1938» quando i Sudeti cechi passarono alla Germania dopo un accordo negoziato dalle potenze internazionali, spiega Just. Quindi evocare il pericolo di Bruxelles funziona sempre. «Babiš è un istrione e un pragmatico con un enorme successo tra gli over sessanta. Un imprenditore milionario che riesce ancora a presentarsi come un qualunque pensionato» aggiunge Jan Škoda, giornalista alla Česká TV, il servizio pubblico ceco. Quest'anno per la Cechia è un anno super elettorale. Oltre alle consultazioni europee di giugno, ci saranno in autunno le regionali e verrà rinnovato un terzo del Senato. Una maratona elettorale che rende i toni più accesi, anche tra i partiti di governo «che finora erano riusciti a tenere i loro dissidi dietro le quinte», dice Just. E le liti interne al governo Fiala sono manna per l’opposizione. Gli estremisti di destra dell’Spd - un partito alleato alla tedesca Afd - hanno raggiunto il 10 per cento sotto la guida di Tomio Okamura, rimasto alle cronache per un intervento alla Camera dei deputati contro l’introduzione del voto postale di 11 ore e 44 minuti.

Salari bassi e inflazione
«Il nostro problema sono i salari tra i più bassi d’Europa e un’inflazione che continua a mangiarsi gli stipendi» continua Jan, che incontriamo in un piccolo bar nel quartiere di Holešovice. Qui Praga - lontano dalla confusione della città vecchia dove tra pub, thai massage e cannabis shop, sciamano nugoli di scolaresche in gita - è una tranquilla città della Mitteleuropa. Un posto dove i bar sono caratteristici, di ottima qualità e affollati di giovani. Sono soprattutto loro, i venti-trentenni, ad essere pro-Europa. In particolare i gen-zee, la generazione Zeta. «Certo, dipende dal grado di istruzione e dalla regione di provenienza, ovvio che a Praga i giovani siano pro-europei, da qui possono vederne i vantaggi», continua Škoda. Adéla Sovová, per esempio, ha 32 anni e ha fatto l’Erasmus in Scozia. Come moltissimi dei suoi coetanei ha sfruttato quest'occasione per mettere il naso fuori di casa. «Io sono femminista, europeista e verde - ci racconta al bar del cinema Edison, a Nové Mĕsto - ma per gli standard cechi basta fare la raccolta differenziata per essere considerati di sinistra radicale».

La Repubblica Ceca è un paese tradizionalmente conservatore, ripetono tutti. «Noi cechi siamo calmi, non ci piacciono gli eccessi», spiega Jan. «I nazionalisti dell’Spd di Okamura invece fanno tanto rumore e sembrano degli esaltati quando si riuniscono in piazza San Venceslao con le loro bandierine. Lo so, perché vivo lì accanto», racconta Adéla. Autenticamente antieuropeista, l’Spd di Okamura è contro il sostegno all’Ucraina e ai rifugiati, mentre il 51 per cento della popolazione ceca è ancora favorevole a sostenere Kiev, riportava l'istituto Median a fine dicembre. Gli estremisti di destra hanno avuto di recente l’investitura dell’ex Capo di Stato ed ex primo ministro, l’82enne Vaclav Klaus - anche lui nel partito di Fiala, ma come capofila dell’ala destra. Pur essendo nell’Ods, Klaus ha annunciato che voterà per l’Spd, dopo aver partecipato al congresso in Baviera di Afd lo scorso luglio.

Tornando alla fermata di Malastranska, un odore di “campagna” ci avvolge. Davanti alla sede del governo stamattina un tir seguito da 300 trattori ha rovesciato un bel carico di letame. Anche qui gli agricoltori infuriati protestano contro la burocrazia di Bruxelles. Ma il vero caso diplomatico riguarda “i fratelli” slovacchi, con cui il premier Fiala ha deciso di sospendere le consultazioni intergovernative dopo che il ministro degli Esteri slovacco Jurai Blanar ha incontrato il suo omologo russo Sergei Lavrov. Sull'Ucraina i due Paesi, fino a ieri “amici”, sono ormai su fronti opposti. Il premier slovacco Fico è dichiaratamente su posizioni filorusse alla Orban e questo a Praga non piace.

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