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E’ uscito in questi giorni in tutte le librerie d’Italia l’imperdibile, si fa per dire, libro di Ilaria Salis, pubblicato per Feltrinelli con il significativo titolo di “Vipera“, titolo che è già tutto un programma. Si tratta, ça va sans dire, di un’opera imperdibile, che ripercorre le gesta dell’eroina dal motto Tu casa es mi casa, paladina della sinistra fucsia e neoliberale, che ha rinnegato Marx, Gramsci e le classi lavoratrici per aderire cadavericamente al programma della civiltà neoliberale e del suo classismo spietato sans frontières.
Nel libro l’eroina della “sinistrash” arcobaleno, ripercorre i momenti salienti della propria detenzione ungherese, di fatto celebrando se stessa e puntando il dito, ovviamente, contro l’Ungheria di Orban.
Preparatevi dacché con ogni probabilità troveremo Ilaria Salis su tutti i canali e su tutti i giornali a proporci ininterrottamente la sua catechesi liberal-progressista e a presentare il suo imperdibile best-seller come se fosse il nuovo capolavoro della letteratura universale. Così del resto funziona il regno della propaganda e dell’amministrazione millimetrica del consenso: imporre a senso unico il messaggio dominante per produrre la lobotomizzazione, anzi la logotomizzazione delle masse.
Il caso di Ilaria Salis è, del resto, un caso da manuale di sinistra fucsia di completamento del rapporto di forza dominante della globalizzazione turbocapitalistica, la quale globalizzazione turbocapitalistica, come più volte abbiamo adombrato, si regge ab intrinseco sulla perfetta divisione del lavoro tra la destra del denaro e la sinistra del costume. Ciò che la prima vuole in nome del proprio interesse di classe, la seconda difende ideologicamente sul piano, direbbe Gramsci, delle superstrutture.
Gli stessi centri sociali occupati con la K, con i loro motti pienamente aderenti alla globalizzazione neoliberale come frontiere aperte, no border, libera circolazione, dovrebbero ragionevolmente essere intitolati oggi a Soros e a Rockefeller più che a Marx o a Lenin. Portiamo allora alcuni esempi concreti della divisione del lavoro tra destra del danaro e sinistra del costume.
La destra finanziaria del danaro vuole la distruzione della sovranità degli Stati nazionali, acciocché l’economia globale sia incontrollata e regni indisturbata alla legge del mercato cosmopolitico. Ebbene, la sinistra fucsia del costume alla Ilaria Salis, anziché reclamare il ritorno dello Stato sovrano come potenza in grado di disciplinare e di normare democraticamente l’economia, spiega con zelo che lo Stato sovrano è, in quanto tale, un’esperienza fascista da abbandonare per sempre negli archivi impolverati della storia.
La destra del danaro propizia l’immigrazione di massa per avere braccia a basso costo e per abbassare, tramite la concorrenza, le condizioni stesse delle classi lavoratrici in quanto tali. Ebbene, la sinistra del costume, anziché condannare i processi di immigrazione prodotti e voluti dal capitale, li difende a spada tratta, celebrandoli con la vuota retorica dell’accoglienza e della inclusività.
La destra del danaro vuole trasformare le malefatte ambientali del capitale in business verde, o, se preferite, nel nuovo volano per l’accumulazione capitalistica in stile green. Ebbene, la sinistra del costume, anziché proporre l’uscita dal capitalismo come unica via per salvaguardare l’ambiente, celebra le politiche economiche ambientali di marca neoliberale, quelle improntate al business ecologico. E moltissimi esempi si potrebbero ancora addurre, ma tanto basta.
Deve essere chiaro che personaggi mediatici come Ilaria Salis o Carola Rackete, il suo equivalente teutonico, non rappresentano l’alternativa al sistema dominante, ma ne sono espressione a pieno titolo. E non per caso, dal sistema dominante, vengono celebrati ininterrottamente e proposti alla stregua di modelli universali, e in quanto tali vengono reclamizzati dall’opinione pubblica come se avessero qualche valenza emancipativa.
Radioattività – Lampi del pensiero quotidiano con Diego Fusaro