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WEST VIRGINIA. «Nessuno vuole che Putin vinca ed è mia opinione che non si fermerà all’Ucraina se avrà l’occasione di marciare sull’Europa». Queste parole le ha pronunciate Mike Johnson, lo Speaker della Camera Usa dal “ritiro” dei repubblicani a White Sulphur Springs in West Virginia mercoledì pomeriggio.
Johnson ha spiegato di essere a favore del sostegno a Kiev e degli aiuti statunitensi. Ha spiegato in modo articolato la sua posizione, ma a quando apprende La Stampa, la strada che porta allo sblocco degli aiuti è ormai aperta. Non significa però che il via libera della House arriverà a breve e né tantomeno che arriverà seguendo il piano del Senato che ha varato un pacchetto da 95 miliardi di cui 60 per la difesa di Kiev e il rifornimento dell’arsenale del Pentagono.
I repubblicani, spiegano alcune fonti proprio dalla West Virginia, stanno studiando altre opzioni. Johnson da settimane tiene un costante collegamento con il Senato e anche con la Casa Bianca. Venti giorni fa ha avuto un confronto privato con Biden nello Studio Ovale dopo il meeting della leadership del Congresso con il presidente e i suoi consiglieri in materia di sicurezza nazionale. Era presenta William Burns, direttore della Cia, che ha spiegato la situazione sul campo.
Mike Johnson, Speaker dal 26 ottobre, deputato della Louisiana con origini italiane, è sempre stato favorevole a sostenere Kiev ma ha chiesto, così come prima di lui il predecessore Kevin McCarthy, che questi aiuti fossero vincolati a un piano preciso strategico. E non diventassero uno strumento per alimentare un conflitto senza fine. «Abbiamo fatto delle domande all’Amministrazione – ha detto – che ora dopo mesi non hanno ancora una risposta». Le domande, semplificate da Johnson, sono: «Quale è la fine? Quale strategia? Come teniamo traccia e chi è il responsabile dei fondi che mandiamo? Stiamo mandando i giusti sistemi d’arma?». Mesi dopo, ha lamentato, non c’è una risposta.
L’ostruzionismo della Camera non nasce tuttavia solo da questo gap di comunicazione con la House. Johnson ha accennato anche al “Supplemental Bill” sulla Sicurezza che prevede fondi per l’Ucraina legati anche a un aumento di quelli per il rafforzamento del confine con il Messico. Secondo il leader repubblicano è stata un’idea della Casa Bianca quello di legarli insieme.
Al netto però di rivendicazioni, dietro le quinte c’è un lavorio importante. Senatori e lo staff di Johnson nonché la leadership repubblicana stanno cercando delle opzioni. Quello che risulta evidente è che la Camera non licenzierà il testo del Senato così come è. Si lavora a modifiche. O anche a proporne uno ex novo contenente solo gli aiuti all’Ucraina (e magari un secondo dedicato a Israele).
Una delle richieste dei repubblicani è quella di gravare il meno possibile sulle tasche dei contribuenti Usa: ci sono due opzioni allo studio, la prima è quella di fornire gli aiuti sotto forma di prestiti; la seconda invece ricalca lo schema del congelamento degli asset. Nasce da un’azione fatta dal deputato McCaul, uno dei leader conservatori in materia di sicurezza e politica estera, che ha suggerito, come fatto in passato, di usare gli asset russi, venderli subito e indirizzare il raccolto all’Ucraina. Il riferimento è agli asset in America.
È un assist per lo stesso Biden che spinge per il blocco degli asset ma necessita di due condizioni: la prima è il sostegno degli europei, dove Bce e francesi in primis sono scettici; la seconda è una protezione legislativa. E questa potrebbe arrivare tramite la via indicata da McCaul. Johnson ha detto che è una “strada che possiamo esplorare” e di “non capire perché nella risoluzione passata al Senato non sia stata inclusa”.
Johnson potrebbe anche portare al voto il testo del Senato, modificato, in tempi assai rapidi, facendo leva su una tattica procedurale che prevede il consenso dei due terzi dell’aula. Ovvero la legge passerebbe in formato bipartisan con i democratici decisivi. Non sarebbe la prima volta. Verrebbero tagliati fuori i deputati conservatori del Freedom Caucus. Ma ovviamente servirebbe prima di tutto un’intesa totale con i democratici.
Dietro le quinte insomma si lavora, qualcosa alla House si è mosso sul fronte Ucraina. La maggioranza dei deputati repubblicani è favorevole a proseguire con gli aiuti ma le modalità (per ora invece non si parla di quanti miliardi) dividono.
Pure sui tempi non c’è certezza. Johnson vuole che prima venga approvato il budget con le varie disposizioni per le singole agenzie. La data è il 22 marzo. Da allora ci si potrà concentrare – almeno in aula – sull’Ucraina. «Il Senato ha avuto quattro mesi di tempo per votare la norma, e a noi chiedono di farlo in una settimana», ha detto lo Speaker rivendicando per la Camera il tempo necessario a fare una buona cosa.