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Prodi e i 30 anni dell'Ulivo: 'da soli è impossibile vincere'

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Romano Prodi coglie lo spunto della ricorrenza dei 30 anni del lancio del suo Ulivo - il 2 febbraio 1995 - per ripresentare non tanto quella formula ma le ragioni di quella stagione che consentì al centrosinistra di vincere le elezioni nel 1996: "da soli è impossibile vincere. Servono accordi, intese, allora come oggi", ha detto il Professore.

A far fibrillare il Pd in una domenica sonnacchiosa ci ha pensato Pierluigi Castagnetti, che ha chiesto alla segretaria Schlein di far aprire all'ex premier una discussione della Direzione del partito. Ma Prodi si è subito tirato indietro dichiarandosi non disponibile.


    La sera del 2 febbraio 1995, in una sala di Palazzo Soragna, sede degli industriali di Parma, Prodi confermava quanto era trapelato dai giornali, cioè la sua discesa in campo alla guida di una coalizione progressista che vedeva il Pds, Il Ppi, il Patto Segni e i Verdi, poi denominata Ulivo. Non un fulmine a ciel sereno visto che, confessò allora, ci stava riflettendo da mesi: da quando Nino Andreatta e Massimo D'Alema erano andati a Bologna a sondarlo qualche mese prima. A Parma "annunciai formalmente la nascita dell'Ulivo - ha raccontato il Professore in una intervista alle Gazzette dell'Emilia - che nei fatti era già vivacissimo nel Paese con centinaia di comitati dei cittadini". Poi, da lì, la campagna elettorale, in giro in pullman per l'Italia. "È stata una fatica incredibile ma magnifica: ho visitato posti che non conoscevo e incontrato persone che mi sono rimaste nel cuore".


    Ma al di là dell'aspetto storico, cosa insegna oggi quella stagione politica? "Ad esempio - ha detto Prodi -la consapevolezza che, soprattutto nella componente riformista del Paese, quella che ho cercato di federare, da soli è impossibile vincere. Servono accordi, intese, allora come oggi". L'altro padre dell'Ulivo, Arturo Parisi, aggiunge due altri elementi a quello dell'alleanza: "Un progetto per il Paese a lungo termine, e un programma per la legislatura". Peraltro gli elementi su cui da giorni insiste Prodi, sin dal suo intervento il 18 gennaio a Milano all'iniziativa dei cattolici democratici, che è stata letta come una critica al Pd per l'assenza di dibattito interno sui contenuti per costruire appunto un progetto e un programma. Ed è l'opposto della proposta avanzata la scorsa settimana da Dario Franceschini, quella di un cartello elettorale che consenta di vincere nei collegi uninominali, ma rimandi a dopo il voto ogni scelta. "E' una tesi indifferente alla qualità del programma, attenta solo alla quantità dei voti", dice Parisi, per il quale è anche debole elettoralmente, nonostante Giuseppe Conte oggi abbia ribadito, in una intervista a Repubblica, di "guardarla con attenzione perché è un tentativo di rendere compatibili le differenze".


    "L'Ulivo - osserva invece proprio Franceschini - è stata una delle esperienze più importanti della politica italiana, colma di valori e speranze. Da quel disegno politico è nato il Pd, che oggi è solo una parte di un campo delle opposizioni più largo e eterogeneo di allora, fatto di forze diverse. Per questo non si possono ripetere le formule del passato ma vanno trovate tra le forze di opposizione forme nuove per presentarsi assieme alle prossime elezioni, che rispettino quelle diversità". Anche per Francesco Boccia, sostenitore della segretaria Schlein, quella esperienza non è ripetibile: è cambiata l'Italia ed è cambiato il contesto mondiale. Una fibrillazione nelle chat del Pd c'è stata quando Pierluigi Castagnetti, tra i protagonisti dell'appuntamento del 18 a Milano, ha avanzato una idea: "Fossi in Schlein convocherei un organo del PD sull'attuale situazione facendo introdurre a Prodi, poi aprirei il dibattito senza limite di tempo. Fermo restando il suo diritto/dovere di trarre le conclusioni". Immediata la precisazione del Professore: "Leggo la proposta di Castagnetti, ma non ho alcuna intenzione di accettare".
   

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