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Rai, i nomi nel nuovo Cda: da Marano a Frangi, fino a Natale e Di Majo. Si apre la partita per la presidenza

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«Finalmente»: è la parola che, tra Transatlantico, aula di Montecitorio, Palazzo Madama, ripetono un po’ tutti i parlamentari del centrodestra. Finalmente c’è il nuovo Cda della Rai, votato iedi dopo diversi rinvii: il centrodestra ha scelto Federica Frangi e Antonio Marano. Mentre le opposizioni - con Pd, Italia Viva e Azione in modalità Aventino - hanno eletto Roberto Natale (quota Avs) e Alessandro di Majo (M5S). Il campo largo è saltato sulla Rai e Conte non sembra pentito affatto dello strappo, anzi: «La coerenza è dalla nostra parte e non da quella del Pd. Avevamo sempre detto tutti insieme che, se arrivavano segnali da parte della maggioranza sugli Stati Generali del sistema televisivo, e sono arrivati, e soprattutto sulla nuova legge sulla Rai, ed è stata incardinata in Senato, si poteva ragionare sul Cda».

Frangi, Natale, Marano e Di Majo: chi sono (e da chi erano indicati) i quattro nuovi consiglieri del cda Rai

LA LITE

Ma i dem sono furiosi, «è un traditore», dicono gli schleineriani del capo stellato. Il quale ieri mattina presto è stato uno dei primi a votare sotto il catafalco nell’aula: «Abbiamo fatto – diceva in corridoio – quello che dovevamo fare. Non possiamo lasciare alla destra lo strapotere assoluto nella Rai che è un bene pubblico e deve rappresentare tutti. Il pluralismo non ha bisogno di Aventino, ma di partecipazione».

Stoccata ai dem che gli danno anche “dell’inciucione”. Ma lui non ci sta: «Chi fa l’Aventino in Parlamento dovrebbe farlo anche nella Rai lasciando direzioni e poltrone». Un fendente rivolto ai dem abituati ad avere da sempre tanto potere nel servizio pubblico e per nulla disposti a lasciarlo.

E comunque, i quattro del Cda Rai di nomina parlamentare ci sono; quello eletto dai dipendenti Rai, Davide Di Pietro, a sua vota già c’è; e oggi il consiglio dei ministri indicherà, in seguito alla proposta del Mef arrivata ieri è firmata da Giorgetti, chi farà l’ad, il meloniano Giampaolo Rossi la cui nomina verrà poi ratificata dal nuovo Cda, e chi farà - se avrà i voti necessari in commissione di Vigilanza - il presidente a Viale Mazzini. E stiamo parlando di Simona Agnes spinta da Forza Italia. Alla buvette di Montecitorio, Tajani intratteneva così gli amici e colleghi: «Simona ha mangiato pane e Rai da quando è bambina. Ha una grande storia e un’ottima professionalità. Non può che essere lei il presidente di garanzia». Traduzione di alcuni deputati azzurri che circondano il ministro degli Esteri: «Se Conte ci darà un aiutino in Vigilanza, bastano due voti, per Simona sarà fatta. Se non subito, poi».

LE TRATTATIVE

Aiutino in commissione in cambio di poltrone in Rai, come è ovvio. Se gli stellati decideranno di non fare l’Aventino in Vigilanza, i voti per Agnes o comunque per un presidente di garanzia - si narra che FdI lo stia cercando e la Lega pure ma chissà - arriveranno ma a questo punto il coinvolgimento del Pd è dato per impossibile.

E comunque è stata una giornata difficile, per i dem ieri. Diversi deputati in Transatlantico avvicinavano i giornalisti eroe dir loro: «Che scelta folle abbiamo fatto, la linea l’ha dettata Sandro Ruotolo, che è il responsabile del partito su televisione e informazione, e abbiamo sbagliato tutto». Ma perché nessuno di loro ha avuto il coraggio di dire queste in faccia alla segretaria cose nell’assemblea dell’altra sera dove ha parlato solo lei e tutti hanno annuito?

Ma ecco il leader dei verde, Bonelli, che va a votare e entrando in aula dice: «Il campo largo non esiste». Ma non avevano passato tutta l’estate a dire: il campo largo c’è, è forte e vincerà e hanno pure brindato con i boccali di birra su un palco tutti i capi di quel campo?

Ora c’è la rivolta dei cespugli («Ma io non sarò mai un cespuglio del Pd», insiste Conte) e impazza la non accettazione - che pareva acquisita ma evidentemente era un abbaglio - della leadership di Schlein. E se vincerà Trump, che Conte ammira e noi detestiamo, dicono i dem, “Giuseppi” si prenderà altro spazio. Oddio. Schlein alla Camera dice: «La riforma della Rai dicono di volerla e di volerla fare con noi, ma sono balle. Non verrà fatta mai. Loro vogliono comandare e basta».

La segretaria del Pd appare piuttosto turbata. Si sente truffata dalla destra e dalla sinistra contiana e rosso-verde. Ma anche quando era chiaro che M5s e Avs si sarebbero sfilati, Schlein non ha indietreggiato. Ancora Conte: «Ma a me nessuno ha proposto di non partecipare alla votazione in Parlamento e, se mi avessero proposto l’Aventino, avrei detto che era una stupidaggine. Dopo di che, per la presidenza. Noi non votiamo soluzioni partitiche. Se ci fosse un nome non riconducibile ai partiti di alto profilo, non escludiamo di votarlo. Ma non c’è nessun accordo. Andiamo in Vigilanza e non votiamo il presidente». Qualcuno di loro, o dei rosso-verdi, lo voterà, ribattono i dem. Toccando ferro, ma è improbabile che basti affidarsi alla fortuna.

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