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“Reuters pubblicava e i giornalisti incollavano, ma lo scandalo Usaid non nasce solo dai soldi”

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Negli ultimi anni, il giornalismo ha subito una trasformazione profonda, con l’informazione sempre più affidata a catene di copia-incolla da fonti centrali come Reuters e Ansa. Notizie preconfezionate, rilanciate senza un vero filtro critico da testate di riferimento. Un meccanismo che ricorda quello dei media americani, dove le stesse parole e frasi si ripetono su tutti i canali, rendendo l’informazione più simile a una programmazione uniforme che a un dibattito aperto.

E non si tratta solo di linguaggio. Il fenomeno si estende alla manipolazione delle percezioni collettive, come dimostra il caso della presunta dichiarazione di Trump sul “bere candeggina” durante la pandemia: una distorsione che si è radicata nella narrazione globale senza che nessuno si fermasse a verificare le parole esatte.

La domanda, dunque, è una: quanto è consapevole il pubblico di questo sistema? La fiducia nei media mainstream sembra essere data per scontata, anche quando la qualità dell’informazione si abbassa e i contenuti vengono prodotti in serie da redattori sottopagati o addirittura da intelligenze artificiali.

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