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Russia, Gazprom interrompe fornitura di gas a Moldavia: cosa succede ora

16 ore fa 1
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Tempo (quasi) scaduto. Ancora tre giorni di forniture e poi, con la fine del 2024, arriveranno al capolinea - a meno di sorprese dell’ultimo minuto - anche i contratti per il trasporto di gas dalla Russia ai Paesi Ue attraverso il territorio dell’Ucraina. E con le possibilità di un rinnovo dell’intesa di transito che si riducono ogni ora che passa - vista la determinazione di Kiev di stoppare un canale di finanziamento della macchina da guerra russa, per un valore stimato di 5 miliardi di dollari all’anno -, nel cuore del Vecchio continente tornano le accuse reciproche e le minacce di ritorsioni. Insieme ai timori di una nuova, seppur limitata, fiammata dei prezzi del gas sul mercato europeo. Con un lungo post su X, l’ex Twitter, ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha preso di mira il premier filorusso della Slovacchia Robert Fico, che domenica scorsa s’era presentato al Cremlino per un faccia a faccia con Vladimir Putin, durante il quale avrebbe offerto pure la possibilità di ospitare ipotetici negoziati di pace. L’accusa mossa a Fico è di voler aprire, su ordine dell’autocrate di Mosca, un «secondo fronte energetico contro l'Ucraina a spese degli interessi del popolo slovacco». La sera prima, con un intervento su Facebook, l’uomo forte di Bratislava s’era detto deciso ad attuare, «se necessario, delle misure reciproche contro l’Ucraina» come reazione alla scelta di Zelensky di non rinnovare il contratto di transito per il gas russo a basso prezzo.

LA RETE

Pompato dalla città di Sudzha (nella regione di Kursk, oggi sotto controllo delle forze di Kiev), il metano valica il confine e passa per il corridoio ucraino, fino ad arrivare in Slovacchia e Ungheria, i due avamposti politici filorussi nel consesso dei leader europei, ma pure in Austria, Repubblica Ceca e Italia. Le misure ventilate da Fico sarebbero, in sostanza, delle rappresaglie economiche contro Kiev: uno stop alle forniture emergenziali di elettricità che la Slovacchia garantisce all’Ucraina. Ma se il suo Paese si trova costretto a importare energia dai Paesi confinanti, «pagando 200 milioni di dollari all’anno» a Bratislava, in modo da tamponare le ripetute interruzioni della rete elettrica nazionale, ha puntualizzato Zelensky, ciò è dovuto all’offensiva militare russa, che «occupa la centrale nucleare di Zaporizhzhia e usa missili e droni per distruggere deliberatamente una gran parte della nostra produzione termoelettrica». Fico ha giustificato l’ultimatum mettendo in guardia dall’impatto che l'interruzione dell’afflusso di gas russo avrebbe sull'economia europea, con un aumento dei costi energetici quantificato in 120 miliardi di euro nei prossimi due anni, dopo la spirale inflazionistica del 2022. Il suo Paese, che importa ancora circa due terzi del fabbisogno dalla Russia, sarebbe tra i più colpiti, al pari dell’Ungheria: mancando entrambi di uno sbocco sul mare, per Bratislava e Budapest non è praticabile sostituire i volumi di metano russo con i carichi di Gnl che l’Europa, decisa a spezzare la dipendenza da Mosca, importa ormai da Usa, Qatar e Norvegia. Il gas via metanodotto è l’unica fonte energetica fossile russa non colpita dalle sanzioni europee, e - per quanto rappresenti ormai una fetta di mercato ridotta - ha fatto registrare un lieve aumento nei volumi tra 2023 e 2024, lasciando presagire ripercussioni sui prezzi in caso di azzeramento dei volumi. La chiusura dei rubinetti avrebbe conseguenze anche per Kiev, che finora ha guadagnato circa un miliardo di dollari all’anno grazie alle tariffe di transito, e i cui oltre 38mila chilometri di gasdotti che solcano il Paese sono stati risparmiati dagli altrimenti intensi raid russi contro le infrastrutture strategiche nazionali. Nei giorni scorsi, Zelensky aveva aperto alla possibilità di consentire ancora il transito del gas, ma solo a patto che il monopolista di Stato russo Gazprom non riceva pagamenti fino alla fine della guerra.

IL CASO MOLDOVA

Chi si è vista notificare lo stop delle forniture partire dal 1° gennaio, intanto, è stata già ieri la Moldova, che tra referendum pro-Ue e presidenziali ha confermato nei mesi scorsi il percorso di avvicinamento all’Europa nonostante le interferenze russe nelle urne. La decisione di Gazprom è parte di un filone parallelo di contrapposizione, e riguarda le accuse di mancato pagamento e di conseguente violazione dei termini contrattuali mosse alle autorità di Chisinau (come già accaduto a novembre con quelle di Vienna). Secondo quanto riporta l’agenzia di Stato russa Tass, Gazprom ha informato Moldovagaz che i volumi di metano saranno azzerati a partire dall’alba di mercoledì. Una mossa non inattesa nel piccolo Paese orientale, che riceve il gas dalle condutture che attraversano la regione separatista filorussa della Transnistria, e il cui Parlamento aveva già approvato a metà mese la proclamazione dello stato di emergenza nel settore energetico, proprio alla luce dei timori che Mosca potesse prosciugare i carichi di gas in pieno inverno.

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