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Sammy Basso è morto lo scorso ottobre, questo per la sua famiglia è il primo Natale senza di lui. «Come sarà? Un grande punto di domanda. Non so come l’affronteremo. Non sarà facile, ha lasciato un grande vuoto». Parla Laura Lucchin, la mamma di Sammy: vive con dolore questi giorni, anche se circondata dall’affetto di tante persone. «Siamo invasi da messaggi e parole di conforto di chi ha conosciuto Sammy – rivela – tutto l’amore e la felicità che ha donato sta tornando indietro», spiega al Corriere della Sera. Sammy Basso, biologo e ricercatore di Tezze sul Brenta, affetto da progeria o sindrome di Hutchinson-Gilford, è morto il 6 ottobre a 28 anni, un malore improvviso, mentre era a un matrimonio di amici a Villa Razzolin Loredan di Asolo (Treviso).
Sammy Basso, primo Natale senza di lui
«Con Sammy abbiamo sempre vissuto ogni Natale in famiglia, tra di noi, con semplicità. Come piaceva a noi: la messa della vigilia, il pranzo in famiglia. Ora c’è un grande vuoto – racconta mamma Laura - . Adesso ci confortano le parole della lettera, incredibile e meravigliosa, indirizzata a me e al suo papà Amerigo, che ci ha fatto arrivare dopo la morte e ci ha dato tanta pace. E’ una lettera personale, che resterà privatissima, qualcosa di solo nostro. Invece abbiamo reso pubblica, come voleva lui, l’altra lettera, quella letta durante il funerale in chiesa, ribattezzata il suo testamento, in cui è emerso tutto il suo amore per la vita e la voglia di dare amore agli altri. A fine 2017, quando aveva saputo della gravità delle condizioni del cuore, ha scritto sette lettere, affidate al suo fisioterapista Mauro, che dopo la sua morte ce le ha consegnate. Alcune per parenti, amici e per i due centri di ricerca con cui collaborava a Bologna e a Boston, una per noi, i genitori. E una pubblica, in cui diceva anche che voleva un funerale festoso, così è stato. Per lui la morte era rinascere alla vita che aspirava e incontrare Dio».
ESSERE GENITORI
L'altro ricordo: «L’abbiamo sempre accompagnato, sostenuto, spronato, abbiamo cercato di dargli forza in ogni momento. Non volevamo che sentisse di avere dei limiti, sarebbe stato assurdo mettergli paletti per la nostra preoccupazione, di paletti ne aveva già tanti a causa della malattia. Non abbiamo voluto farlo sentire condizionato dalla nostra apprensione, era giusto che vivesse la sua vita, viaggiasse, facesse festa con gli amici. La sua aspettativa di vita teorica era di 14 anni, ma grazie a cure sperimentali iniziate quando ne aveva 12, è stato possibile che arrivasse a 28 anni».
«Sammy ha donato amore a tutte le persone che ha incontrato, ha lasciato qualcosa di speciale in tutti, era sempre pronto ad aiutare, ascoltare, non riusciva a non farlo. Gli dicevo sempre “riposati ogni tanto”, ma niente, non poteva farne a meno, era viscerale questo bisogno di fare del bene, di dedicarsi agli altri, era la sua natura».
LA BEATIFICAZIONE
«Non sappiamo quali sono i tempi. Sta seguendo tutta la pratica la diocesi di Vicenza, è un iter che deve fare il suo cammino». «Portare avanti l’associazione italiana progeria Sammy Basso Aps (www.aiprosab.org) e tutti i progetti di Sammy. I suoi più cari amici, un gruppo di ragazzi giovani, sono entrati nel direttivo e stanno facendo cose eccezionali, secondo le volontà di Sammy. Prioritaria è la raccolta fondi per la ricerca sulla nuova terapia genetica che stanno portando avanti i ricercatori di Boston, con cui lavorava Sammy. Sono stati fatti importanti passi avanti e i primi test, i risultati sono ottimi, tutto il team di ricerca è entusiasta. Sarà una svolta epocale per tutte le malattie genetiche riuscire a modificare i geni difettosi. La ricerca è stata al centro della vita di Sammy e andrà avanti. Ha lavorato fino all’ultimo come ricercatore con il centro di Boston e il Cnr di Bologna per trovare una cura alla sua patologia».
IL NATALE
«Sto ancora elaborando il dolore e la sua mancanza. Ma so che Sammy non era impreparato alla morte, sapeva sarebbe arrivata, era sereno grazie alla sua grande fede. Portava sempre al collo la croce di legno, credeva nella religione delle cose semplici, come San Francesco. La morte non gli faceva paura, per lui era “solo un passaggio”, vedeva come qualcosa di bello il dopo la vita terrena e l’incontro con Dio».
GLI AMICI
«Sammy non voleva morire in ospedale, attaccato a qualche macchina. Adorava stare con gli amici e fare festa, credo abbia chiuso la sua vita come voleva, divertendosi con chi gli voleva bene. Quando siamo arrivati e lo abbiamo visto disteso con attorno tutti i suoi amici, è stata un’immagine oltre la morte, di vita».