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Scioperano i lavoratori dei call center (600 in Piemonte), presidio in piazza Castello: "Paghe orarie da fame"

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TorinoToday

Redazione 02 febbraio 2025 11:16

Le Segreterie nazionali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil hanno indetto uno sciopero per lunedì 3 febbraio 2025 contro la decisione di alcune aziende di disdire il contratto delle Telecomunicazioni e adottarne uno nuovo “firmato da organizzazioni poco rappresentative”, spiegano. In concomitanza del presidio nazionale che si terrà a Roma al Ministero del Lavoro, a Torino si svolgerà un presidio regionale, dalle 10 alle 13 in piazza Castello a Torino, di fronte alla Prefettura.

"Questo cambiamento impatta 6.000 dipendenti e numerosi collaboratori, condannati non solo alla precarietà contrattuale ma anche a paghe orarie da fame, per effetto di questo contratto che prevede 6,50 euro all’ora. In Piemonte, sono coinvolti circa 600 lavoratori di diverse aziende", aggiungono Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil che vogliono richiamare le aziende coinvolte "alle loro responsabilità verso le lavoratrici e i lavoratori che da anni gestiscono e curano con serietà e professionalità i loro utenti e clienti".   

"Al di là degli sforzi che stanno facendo queste aziende per convincere tutti della bontà di questo ‘innovativo’ CCNL basta leggerlo per capire su cosa si fonda: riduzione di permessi, flessibilità spinta, precarietà totale ed aumenti salariali che non tengono conto della vacanza contrattuale di 2 anni (2023 e 2024) e che prevedono per il prossimo triennio (2025-27) 60 euro circa. In un quinquennio in cui l’inflazione, consuntivata già in parte, viaggia oltre il 15%, la proposta di aumento del salario è del 3%, con la prima tranche di ben 7 euro", continuano i sindacati.

"Dopo gli anni delle stabilizzazioni contrattuali conquistate con le mobilitazioni di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, la conquista della clausola sociale, le tabelle ministeriali sul costo del lavoro, il fondo bilaterale di settore, questa scelta determina un passo indietro di venti anni per le lavoratrici e i lavoratori del comparto. La crisi del settore dei contact center in outsourcing non può essere risolta riducendo i diritti o comprimendo i salari", concludono.

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