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Se Khamenei si converte all’Iran First

7 ore fa 1
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Missili che possono colpire «a 1700 chilometri di distanza». Batterie antinave nascoste nei tunnel tra le montagne che sovrastano il Golfo Persico. L’apparato propagandistico dei Pasdaran è in una fase parossistica e inonda i social per ribadire il concetto che sgocciola dai vertici. Se lo Stato ebraico o l’America di Trump, o entrambi, ci dovessero attaccare trascinerebbero il mondo in una guerra senza esclusione di colpi. «Possiamo raggiungere ogni bersaglio terrestre o marittimo nella regione», ha sintetizzato il comandante delle Guardie rivoluzionarie, Hossein Salami. Il messaggio è rivolto anche all’interno, a un’opinione pubblica frastornata dalle batoste subite dall’asse della resistenza. Tutto, o quasi, quello che era stato costruito in vent’anni dal compianto generale Qassam Soleimani è stato spazzato via lo scorso autunno, con l’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, la decimazione degli sciiti libanesi, il crollo del regime di Bashar al-Assad in Siria. Il successore di Soleimani, Ismail Qaani, è apparso prima impotente, poi è scomparso, vittima forse di una purga, infine è ricomparso, ma con profilo bassissimo.

Qaani è caduto in disgrazia agli occhi della guida suprema Ali Khamenei. È salito nel gradimento, al contrario, il presidente Masoud Pezeshkian, con un’agenda opposta tra le mani. Lavora più come un diplomatico che come un Capo di Stato. Tesse la tela nel Golfo, tra Qatar, Emirati, Arabia Saudita. Parla in turco con Recep Tayyip Erdogan, firma accordi a Mosca. Ha il compito di raddrizzare la disastrata economia del Paese. Glielo ha dato lo stesso Khamenei, preoccupato per le rivolte endemiche che scuotono la Repubblica islamica. E ha riaperto i canali dell’Accordo sul nucleare, firmato nel 2015 e stracciato proprio da Trump nel 2018. Pensare di resuscitare l’intesa adesso, con The Donald di nuovo alla Casa Bianca, sembra fuori dalla realtà. Ma sia Pezeshkian che Khamenei ci stanno pensando. La guida suprema non ha mai ritirato la fatwa che proibisce l’uso militare del nucleare. E sa che la fine delle sanzioni è l’unico modo per uscire dal collasso economico. Mostrare i muscoli, veri o virtuali, fa parte delle trattative. La causa palestinese è sempre meno popolare. Serviva da collante a un asse della resistenza adesso in brandelli. Teheran potrebbe anche restituirla ai “fratelli arabi”. Ed è tentata dalla politica dell’Iran First.

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