Home SignIn/Join Blogs Forums Market Messages Contact Us

Socci: Schlein e compagni da bocciare, scordano la lezione dei loro maestri

7 ore fa 1
ARTICLE AD BOX

Antonio Socci 17 gennaio 2025

  • a
  • a
  • a

Una delle chiavi per il Duemila? Risposta: «Imparare delle poesie a memoria, molte poesie: da bambini, da giovani, anche da vecchi. Perché fanno compagnia: uno se le ripete mentalmente. Inoltre lo sviluppo della memoria è molto importante».

A chi appartiene questa frase? Al ministro dell’Istruzione Valditara che è sotto attacco da sinistra proprio perché vuole tornare a insegnare a scuola le poesie a memoria? No. Sono parole di Italo Calvino che non è stato solo un importante scrittore italiano, ma anche uno dei maggiori intellettuali di sinistra del dopoguerra. Fra l’altro è sempre più importante abituare la mente a “trattenere” ed elaborare parole e concetti oggi che, con la rete e i cellulari, è sottoposta a un vero bombardamento di stimoli e notizie che passano senza lasciar traccia. Oltretutto le parole della poesia creano pensiero. Calvino è simbolo di una sinistra colta, profonda. Oggi è rappresentata da Elly Schlein secondo cui «quella di Valditara è un’idea nostalgica» e dall’on. Piccolotti, di Avs, secondo cui «non serve discutere con superficialità di poesie a memoria».

Avevano appena cominciato ad attaccare la cosiddetta tecno-destra e l’incubo fantascientifico di Musk e subito hanno capovolto tutto parlando di governo nostalgico e reazionario. Eppure anche le altre proposte del ministro (suggerite da intellettuali come lo storico Ernesto Galli della Loggia, il presidente emerito della Crusca, Claudio Marazzini o il grande violinista Uto Ughi) si trovano in sintonia con il meglio della vecchia cultura della sinistra.

A proposito dei ritorno dei classici (voluto da Valditara) si potrebbero citare autori marxisti come Gramsci che rivendicano il diritto delle classi lavoratrici di accedere all’alta cultura e alla grande letteratura. O ancora Calvino che, nel suo libro Perché leggere i classici, scrive: «Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire... non si leggono i classici per dovere o per rispetto, ma solo per amore. Tranne che a scuola: la scuola deve farti conoscere bene o male un certo numero di classici tra i quali (o in riferimento ai quali) tu potrai in seguito riconoscere i “tuoi” classici. La scuola è tenuta a darti degli strumenti per esercitare una scelta».

PILASTRO DELL’OCCIDENTE

Fra Omero, Virgilio, Dante, Shakespeare e gli altri classici il ministro ha citato pure la Bibbia. Non l’avesse mai fatto. Tutti (a sinistra) a stracciarsi le vesti. Come se proprio la Bibbia non fosse il pilastro fondamentale su cui è costruita la nostra cultura, italiana e occidentale. Bisogna ascoltare, su questo, a don Lorenzo Milani, che sapeva di scuola ed educazione assai più di Schlein e che viene sempre evocato dalla sinistra come un suo ispiratore. Nel libro da lui scritto con i ragazzi di Barbiana Lettera a una professoressa – da sempre considerato il manifesto della contestazione studentesca del ’68 – si scaglia contro i programmi scolastici di quegli anni: «Neanche un minuto sul Vangelo. Non dite che il Vangelo tocca ai preti. Anche levando il problema religioso, restava il libro da studiare in ogni scuola e in ogni classe. A letteratura il capitolo più lungo toccava al libro che più ha lasciato il segno, quello che ha varcato le frontiere. A geografia il capitolo più particolareggiato doveva essere la Palestina. A storia i fatti che hanno preceduto accompagnato e seguito la vita del Signore. In più occorreva una materia apposta: scorsa sull’Antico Testamento, lettura del Vangelo su una sinossi, critica del testo, questioni linguistiche e archeologiche».

Chiedeva: «Come mai non ci avete pensato? Forse chi v’ha costruito la scuola Gesù l’aveva un po’ in sospetto... Da gente che dimentica il Vangelo c’è da aspettarsi qualunque cosa. Vien fatto di dubitare di tutto quello che insegnate». Non si tratta solo della cultura europea. Senza la Bibbia – per fare un esempio moderno ed extraeuropeo non si capisce nemmeno il movimento dei diritti civili degli afroamericani del reverendo Martin Luther King e tanta musica d’oltreoceano. Eppure oggi il coordinatore dell’Unione degli studenti Tommaso Martelli tuona: «L’introduzione dello studio della Bibbia nel programma è una chiara scelta politica in linea con le idee reazionarie e conservatrici del governo».

CONSAPEVOLEZZA

Fra l’altro, nella citata intervista, Italo Calvino, in vista del Duemila, consigliava di acquisire questa consapevolezza: «Sapere che tutto quello che abbiamo ci può essere tolto da un momento all'altro.... tutto quello che abbiamo può sparire in una nuvola di fumo». È ciò che la Bibbia, nel Qohelet, insegna da millenni. Questa coscienza ha permeato la nostra grande letteratura (basti ricordare Leopardi). È anch’essa reazionaria?

C’è infine la musica fra le proposte del ministero e ci si chiede come abbiamo potuto ignorarla finora, con tutto quello che l’Italia e l’Europa hanno dato all’umanità in questa arte sublime.
Pure la musica è ritenuta troppo “identitaria” dalla sinistra? Ma chissà perché anche in Giappone e in Cina studiano Mozart e Bach e vanno matti per Verdi e Puccini, per Vivaldi e Monteverdi...

Un autore scettico e laico come Cioran ha scritto: «L’estasi musicale raggiunge l’estasi mistica. La musica è il linguaggio della trascendenza e questo spiega la complicità che essa sa creare tra gli esseri». Va dimenticata? Ci fu un momento, alla fine degli anni Novanta, in cui la sinistra, con il ministro Luigi Berlinguer, volle plasmare la sua scuola progressista. Di quel tempo restano soprattutto le polemiche suscitate peraltro da intellettuali di sinistra.

Per esempio, Giulio Ferroni, nel libro La scuola sospesa (Einaudi), riportò, come emblematica, «l’ineffabile dichiarazione di Roberto Maragliano, pedagogista “democratico” che tra l’altro è una delle “menti” del progetto di riforma» di Berlinguer: «Il videogioco è la più grande rivoluzione epistemologica di questo secolo(...). Dato che il Maragliano è stato nominato coordinatore di una commissione ministeriale perla discussione di quel progetto di riforma, di cui non fa parte nessun italianista» aggiungeva Ferroni «può essere interessante citare anche la battuta successiva, con cui egli stesso si rivolge a chi lo intervista: “Lei preferisce che un pilota d’aereo abbia fatto videogiochi o che abbia letto la Divina Commedia?”; al che» concludeva Ferroni «tout se tient».

Del resto già prima (e poi dopo) abbiamo avuto la scuola-luna park e politicamente corretta, dov’è sfiorita pure la padronanza della lingua italiana e della grammatica. Tornare oggi alla scuola vera è una rivoluzione.

www.antoniosocci.com

Leggi tutto l articolo