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Stiamo andando alla deriva? Ecco il pantheon di Marcello Veneziani: i nomi da cui ripartire

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Daniele Dell'Orco 25 dicembre 2024

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Pur essendo, dal punto di vista artistico, geneticamente temerario, Marcello Veneziani con la sua ultima opera letteraria mira ad essere ambizioso al limite dell’incoscienza. Perché Senza eredi (Marsilio, pp. 336, euro 19), è sì un pantheon di ritratti intellettuali di maestri autentici, presunti e controversi senza tempo, ma è pure un manifesto di denuncia e una lucida analisi di un’epoca che ha scelto, consapevolmente o meno, di recidere i legami con il passato e di ignorare il futuro. Lo dice, nel volume, lo stesso Veneziani: siamo senza eredi e non lasceremo eredità; non riceviamo nulla, né trasmetteremo nulla. Questa è, in modo crudo e diretto, la dote della nostra illusoria contemporaneità autosufficiente.

Ma una tale premessa, già di per sé piuttosto nefasta, non è che l’inizio di una lucida analisi della società moderna in cui, nel cammino della vita, non ci si sceglie più come partner, amici, alleati, allievi, ma al massimo come “coinquilini”, viandanti in un mondo in cui la condivisione si limita alla superficialità di una asettica e fugace corsa in ascensore.

Partendo dal particolare, l’oggi, e arrivando al generale, la linea del tempo, Veneziani lancia un allarme dai contorni ancora più spaventosi: nessuno proseguirà ciò che abbiamo iniziato come civiltà. Tutte le sue tracce verranno spazzate via dall’acqua dell’oblio e dal vento della rimozione. Il tempo, da galatuomo che era, si è trasformato in mero fattore anestetizzante. È il destino inevitabile di una società di mutanti e “non-nati”, segnata dalla denatalità e dall’aborto.

A chi lasceremo allora i nostri beni, il nostro patrimonio di vita, spirituale e materiale? Biblioteche, opere, ricordi, oggetti e pensieri finiranno tra i rifiuti green. Di tutto verrà estratto solo il valore mercantile: ciò che non sarà commerciabile verrà eliminato rapidamente, senza lasciare tracce, trattato come un fastidioso ingombro.

Anche in politica, i leader e i movimenti si presentano come “il nuovo che avanza”, disfandosi ciclicamente delle eredità per apparire più leggeri e adatti al presente.
Non c’è spazio per conservare le vecchie tradizioni: sono considerate macerie che intralciano il progresso. La storia stessa è percepita come un peso insopportabile, figuriamoci la tradizione, che non è solo memoria, ma connessione.

Per Veneziani, oggi, l’unico erede universale dei saperi sembra essere l’Intelligenza Artificiale, entità non a caso priva di emozioni, senza anima né sangue. E allora, per contrastare la dispersione del sapere, Veneziani provvede a togliere tre dita di polvere dai ritratti di maestri nel senso più antico del termine. Il suo libro in sostanza è un kit di emergenza, racchiuso in una teca che potrà essere rotta col martelletto rosso da chi ne sentirà il bisogno. La raccolta segue idealmente i cento profili raccolti nel volume Imperdonabili (Marsilio, pp.512, euro 15) alcuni dei quali, difatti, ritornano. Con questi settanta ritratti di autori e pensatori, l’autore tratteggia una mappa intellettuale di figure che, nonostante la grandezza delle loro opere, condividono un destino comune: essere ignorati dal presente.

Eccone alcuni: Ficino, Pascal, Bruno, Vico, Cuoco, Leopardi, Manzoni, Mazzini, Burke, de Maistre, Baudelaire, Proust, Kafka, Buzzati, Verga, Trilussa, Moravia, Aleramo, Tomasi, Manganelli, Rossi, Vattimo, Ratzinger, Sermonti, Cau, Venner, Dugin, de Benoist, Byung-chul Han, Miglio, Sartori, Reale, Hadot, Cacciari, Agamben, Faggin. Salta subito all’occhio il fatto che non condividano un unico orizzonte. Anzi, si differenziano per genere, epoca e ambito. Letterati, pensatori, giornalisti e scrittori, si alternano con stili, sensibilità e risultati profondamente eterogenei. Ciò che li accomuna è l’intelligenza della scrittura e la forza della loro testimonianza, per quanto disomogenea. Non sono tutti amabili né necessariamente ammirevoli, ma rappresentano un gruppo eterogeneo, simile a quello raffigurato da Raffaello nella sua Scuola di Atene. E ognuno contribuisce, in modo unico, al mosaico della cultura e della civiltà letteraria.

Anche perché, nella perdita generale di eredità, diventa un lusso averne persino di cattivi, di maestri. Al loro posto troviamo gli influencer, manipolatori di desideri e promotori di tendenze. Il loro potere risiede nella capacità di sedurre e conformare, influenzando il linguaggio, l’immaginario collettivo e il narcisismo di massa. Non insegnano, ma indirizzano, sfruttando mode e consumi, veicolando modelli e tabù attraverso il sistema mediatico e pubblicitario.

Nel saggio di Veneziani non mancano i riferimenti all’Italia, una nazione che più di ogni altra avrebbe potuto beneficiare di un ricchissimo patrimonio di arte, lingua, letteratura e pensiero. Invece, una civiltà tanto enorme è sommersa da una politica inefficace, servizi carenti e una vita pubblica poco edificante.

Ciononostante, tocca ad ognuno di noi, sia nella sfera personale che in quella pubblica e sociale, mantenere punti di riferimento. Senza eredi, che non è un libro consolatorio, bensì un richiamo urgente, ci esorta a riappropriarci di una memoria viva, a custodire e trasmettere il valore che quegli autori ancora possono insegnarci, sfidandoci ad essere eredi consapevoli e custodi attivi del sapere. Per questo l’opera è rivolta a chi non si arrende al nulla che avanza, a chi vuole ancora essere parte di un filo che unisce passato e futuro. Poiché anche in un’epoca di oblio, il valore dei maestri è eterno e sempre pronto a rinascere, per coloro che sanno cercarlo.

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