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Strage del Morandi, l’ammissione del tecnico Autostrade in aula: “Prendevamo per buoni i dati di Spea senza approfondirli”

10 mesi fa 48
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GENOVA. Alla fine si torna sempre lì, al concessionario privato che controllava se stesso, peraltro senza particolari approfondimenti. È il senso della testimonianza raccolta ieri in tribunale al processo sulla strage del Ponte Morandi (43 vittime il 14 agosto 2018 nel crollo del viadotto sull’A10). In aula è stato infatti sentito Fabio Ridente, ingegnere, da settembre 2015 fino a gennaio 2023 in organico all'Unità tecnica di Autostrade per l'Italia nella direzione del tronco ligure. Ridente è stato chiamato come testimone difensivo da tre inquisiti: l’ex responsabile esercizio per il 1° tronco Federico Zanzarsi e gli ex direttori della medesima divisione Riccardo Rigacci e Stefano Marigliani. L’obiettivo dei difensori è dimostrare che la sorveglianza alle infrastrutture presenti nelle tratte liguri era di fatto tutta in capo a Spea Engineering (società del Gruppo Atlantia un tempo come Aspi e delegata ai monitoraggi), e che chi guidava il Tronco non aveva granché voce in capitolo.

«Non so se avremmo potuto disquisire sugli esiti dei rilievi Spea - precisa quindi Ridente - . Io sono entrato in un meccanismo in cui i dati si prendevano per buoni E Non ho memoria di richieste di approfondimenti da parte nostra». Chiede quindi Paolo Lepri, presidente del collegio dei giudici: «Ma voi guardavate periodicamente i rapporti trimestrali Spea?». Il testimone: «Le singole schede no». Di nuovo Lepri: «E se un ispettore avesse dettagliato esiti significativi da un’ispezione del Morandi?». «Non sono mai entrato nel merito dei difetti segnalati per ogni opera». Ancora il magistrato: «Ma allora come capivate se un voto (coefficiente di sicurezza, ndr) assegnato in un momento storico era coerente con quelli espressi in precedenza? «Non analizzavamo, bastava ciò che diceva Spea». Lepri: «Allora in cosa consisteva il monitoraggio della vostra Unità tecnica?». E Ridente a quel punto spiega che loro focalizzavano solo questioni procedurali e «non operative». Il giudice non si rassegna: «Ma per esempio sul retrofitting (il progetto di ristrutturazione dei tiranti fatalmente rinviato fino al disastro, ndr), che tipo di relazione avevate con il centro? Chi si coordinava e come?». Ridente non arretra: «Fattivamente non ci siamo mai davvero preoccupati di quale fosse lo stato di avanzamento, non siamo mai entrati nel merito».

È poi un avvocato di parte civile a porre una domanda fondamentale: «Ve lo disse qualcuno, di non compiere verifiche critiche sui dati Spea?». Risposta: «Nessuno di specifico, era un sistema». Il tecnico fornisce poi alcune delucidazioni sulla formazione del suo ufficio, non troppo confortanti: «In organico eravamo 17-18, dei quali cinque ingegneri e molti geometri. Cosa facevano i geometri? Bella domanda... poi il mondo è cambiato... diciamo che si occupavano di sorveglianza sui fabbricati, seguivano la manutenzione su pensiline, segnaletica o sfalcio». Infine: «Il viadotto Polcevera era visto come un'opera particolare e trattata in modo peculiare». Ma quando gli chiedono di spiegare un po’ meglio cosa questo significasse, non fornisce riscontri dettagliati.

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