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La politica non è un gioco semplice. Potrebbe essere paragonata più a una relazione, che a un gioco. Questione di compromessi, di identità, di sacrifici. Talvolta di parole mangiate per un bene superiore, ma senza perdere credibilità. Poi ci sono quelle figure riescono a salire alla ribalta delle cronache per vari fattori: un particolare carisma, la capacità di comunicare in modo semplice ed efficace, o i potenti mezzi economici. Ma quand’è che si può identificare in un politico o – più in generale – in un leader un campione del popolo?
Per dirla ancora meglio: come è possibile sapere se le sue priorità saranno quelle della gente comune o l’agenda della grande finanza?
Difficile a dirsi con certi profili.
Uno ha finanziato le campagne Dem fino al 2016. E’ stato criticato perfino dai repubblicani – dei quali è ora al fianco – per le sue idee giudicate troppo progressiste su diritti civili e fecondazione assistita, è un liberista e non ha mai dichiarato di essere di destra, ma di essere rimasto fermo nelle proprie posizioni di sempre mentre la sinistra radicale si spostava sempre più a sinistra.
Diversa la storia dell’altra, ma non meno ambigua in alcuni passaggi: un cursus honorum puramente politico e sempre dalla stessa parte. Poi arrivò Aspen, poi l’incarico di governo. Certe promesse non vengono a galla, altre sì, ma esulta per risultati che hanno facce doppie: l’occupazione ad esempio, calata in un anno ma anche per l’aumentare dei NEET (persone non in cerca di lavoro); mentre restano poi in agenda la permanenza nella NATO e la politica estera di comodo nei confronti degli Stati Uniti.
Il più coerente è l’ultimo? Sì, in diversi punti. Ma dei momenti ambigui non mancano anche nella sua di storia.
Con Gianluca Borrelli e Diego Fusaro, abbiamo cercato di rispondere a una domanda: da che parte stanno Trump, Musk e Meloni?
Qui l’approfondimento VIDEO a ‘Un Giorno Speciale’ | 22 gennaio 2025