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Ucraina, 400 carri armati M-113 dall?Italia: sperimentati per la prima volta dall?esercito americano nella guerra in Vietnam

1 settimana fa 4
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Avanti con l’Ucraina. Guido Crosetto si ferma un’ora al Copasir. Arriva nel primo pomeriggio il ministro della Difesa, mentre la premier Giorgia Meloni battaglia con le opposizioni al Senato. Porta con sé l’undicesimo pacchetto di aiuti militari a Kiev. Preparato nei mesi scorsi con un’interlocuzione continua con gli alleati. La guerra prosegue, la tregua è per ora un miraggio. E a dispetto di quanto può sembrare ad ascoltare le sortite di Donald Trump, dagli Stati Uniti non c’è stato alcun “libera tutti” ai partner sul sostegno al Paese di Volodymyr Zelensky. È vero semmai il contrario.

Trump vuole mettere pressione su Vladimir Putin, costringerlo a sedersi al tavolo. Ecco allora le cancellerie europee che si attrezzano. Italia inclusa. Di fronte al comitato di Palazzo San Macuto Crosetto ha confermato l’undicesimo invio a Kiev. Dentro, a quanto si apprende, ci sarà una fornitura di carri cingolati per il trasporto truppe. Si tratta degli M-113, carri progettati nella metà degli anni cinquanta in grado di ospitare una squadra di fanteria equipaggiata e fornire alle truppe l’appoggio di fuoco ravvicinato.

CINGOLATI IN VIAGGIO

Da mesi il governo ucraino è in pressing sulla controparte italiana per chiedere di inviare questi cingolati ormai molto datati e dismessi dal nostro esercito. Ora, ha confermato Crosetto in audizione, tutto è pronto per la spedizione. Sono circa quattrocento gli esemplari di M-113 che partiranno alla volta di Kiev. Un pacchetto corposo, insomma. Segno che le truppe ucraine hanno ancora bisogno di mezzi per spostarsi lungo il confine con il Donbass e difendere le linee nemiche. Gli M-113 sono una “vecchia gloria” degli eserciti terrestri occidentali. Sperimentati per la prima volta dall’esercito americano nella guerra in Vietnam, i corazzati, seppur molto datati, sono considerati dagli ucraini un asset fondamentale per attraversare le foreste e le superfici scoscese che separano le trincee ad Est e provare a recuperare terreno prima di sedersi al tavolo per le trattative di pace.

Non finirà subito questa guerra. Ne dubita lo stesso ministro che fra le mura azzurre del comitato al sesto piano di Palazzo San Macuto ha affrescato scenari. Tutti sperano in una fine rapida del conflitto, il senso del discorso, ma i segnali dal campo non sono rassicuranti. E Putin sta smentendo con i fatti qualsiasi proposito di pace, bombardando senza sosta le città ucraine e facendo strage dei civili. Tutto è ancora sospeso nelle trincee ucraine. Intanto il governo Meloni batte un colpo. Oltre ai cingolati per trasportare le truppe, a quanto risulta a questo giornale, l’Italia continuerà a mettere a disposizione dei militari di Zelensky un sistema di sorveglianza satellitare. Occhi elettronici in cielo. Fondamentali per aiutare i comandi ucraini a mappare le linee nemiche, scovare i soldati avversari dietro le trincee. Un supporto non militare in senso stretto, ma comunque un asset di intelligence fondamentale per il Paese alleato.

OCCHI ELETTRONICI

Già negli scorsi pacchetti di armi l’Italia aveva garantito l’accesso ad alcuni dei suoi satelliti in orbita, con precise linee rosse tracciate dal governo. Sulla carta, spiegavano nei mesi scorsi fonti qualificate dell’esecutivo, l’Italia non ha potuto fornire copertura satellitare alle forze armate ucraine durante l’offensiva nella regione russa del Kursk, per rispettare la regola aurea di inviare a Kiev solo armi e munizioni “difensive”.

Tra i sistemi a disposizione del nostro Paese ci sono i satelliti Cosmo Sky-Med. Realizzati da Thales Alenia Space, joint venture tra Thales e Leonardo, sono dispositivi in grado di ottenere immagini radar della superficie del terreno con un’altissima definizione. In orbita ce ne sono cinque, il primo è stato lanciato nel lontano giugno 2007 dalla base di Vandenberg in California. Continuano insomma gli sforzi italiani per il Paese aggredito. Nonostante la stanchezza che si fa largo in maggioranza e i malumori che crescono dentro alla Lega.

Aspettando Trump, l’ordine di scuderia degli alleati Nato è: avanti con le forniture. Può sembrare paradossale, ma parte proprio dall’amministrazione americana. Due settimane fa, durante il “gruppo di contatto” per l’Ucraina riunito a Ramstein, la maxi-base Usa in Germania, è stato il segretario alla Difesa Pete Hegseth a dettare la linea: nessun passo indietro. Ne è uscito un nuovo pacchetto di aiuti finanziari per Zelensky da parte dei quaranta Paesi membri della coalizione: più di 21 miliardi di euro. Non è ancora finita.

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