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WASHINGTON. Per Donald Trump la soluzione del conflitto in Ucraina «è la priorità numero uno» sul fronte internazionale. Una volta insediato il presidente cercherà un accordo di pace «equo, sostenibile e sicuro» e renderà chiaro a tutti di non voler scivolare in un processo simile a quello legato agli accordi di Minsk considerato un fiasco.
A parlare è stato in un’intervista alla Fox News il generale americano a riposo Keith Kellogg, 80 anni, che sarà il principale consigliere di Trump sul dossier Russia e Ucraina. Le sue dichiarazioni hanno chiuso il 2024 proprio mentre Joe Biden – sempre il 30 dicembre – siglava l’ennesimo ordine per la consegna di armi a Kiev. Il presidente ha disposto lo stanziamento di 2,5 miliardi di dollari per l’assistenza all’Ucraina, divisi fra il piano USAI (investimenti e soldi per reperire sul mercato gli armamenti e avviare nuove produzioni) e il diretto prelievo di armamenti dagli arsenali del Pentagono. Biden ha così esaurito i fondi che in aprile sono stati stanziati dal Congresso per l’Ucraina, 60,8 miliardi. Il nuovo Congresso – che ieri si è riunito per la prima volta – difficilmente staccherà nuovi assegni per Kiev, e soprattutto senza la garanzia di un progetto chiaro per chiudere il conflitto.
Trump non ha ancora diffuso il suo piano di pace, ma le linee guida, o quanto meno la visione che lo articola, sono note. Secondo i trumpiani, infatti, il conflitto è destinato a non essere vinto e prolungare ulteriormente la guerra è devastante per Zelensky. «I numeri sono contro l’Ucraina, Kiev ha perso più militari di quanti americani sono morti in Vietnam», ha spiegato una fonte. Sono 43 mila in quasi tre anni i militari ucraini caduti al fronte secondo numeri citati da Zelensky, ma oltre 70 mila dicono le stime del governo americano. Il conflitto in Indocina causò 58 mila perdite fra gli statunitensi.
L’Amministrazione entrante sta anche già parlando con alcuni alleati in modo concreto. Il disgelo è stato l’incontro a Parigi fra Trump e Macron che hanno incontrato Volodymir Zelensky a margine delle celebrazioni per la riapertura di Notre-Dame e nell’occasione si è registrata comunque la disponibilità di Zelensky a chiudere il conflitto «entro il 2025». Come, però, conta.
Ora tocca ai consiglieri di Trump attivarsi, ovviamente a pieni giri dopo il 20 gennaio, ma si stanno gettando le basi per le prossime mosse. Lo stesso generale Kellogg è atteso per un tour in Europa, ci sarebbero nella sua agenda fermate a Kiev, ma anche a Roma e Parigi. E non è escluso che possa raggiungere Mosca.
Gli elementi sul tavolo sono noti. In aprile Kellogg aveva presentato un piano molto dettagliato che non aveva però incontrato il pieno sostegno di Trump. Il progetto prevede il congelamento del conflitto lungo le linee del fronte, garanzie di sicurezze per Kiev e zone cuscinetto. Ma nessun ingresso nella Nato. Alcune fonti precisano che la questione non «sarà trattata per almeno 10 anni».
Cosa chiedono gli Usa
Una delle nostre fonti su quest’ultimo punto è più aperta. «Kiev sarà prima o poi un membro, ma ora la questione non è sul tavolo, e soprattutto fino a quando in Ucraina si spara nessuno accoglierà Zelensky nel club con il rischio di finire travolti dagli obblighi dell’Articolo 5», quello della reciproca difesa militare degli alleati.
Washington vorrebbe affidare agli europei un ruolo maggiore – pattugliamento del cessate il fuoco sul campo, lo definiscono i trumpiani –. Se ne è discusso qualche settimana fa con l’inviato di Zelensky, Andryi Yermak e i leader della prossima politica estera e di sicurezza Usa in un meeting a Washington.
È su cosa significa congelare il conflitto che c’è distanza. Funzionari russi e lo stesso Putin hanno detto di volere una fine, non una sospensione. Lo stesso Trump, rigettando intese sul modello di Minsk, parla di soluzione «equa e stabile». Che dovrà per forza tenere conto dei territori ucraini occupati dai russi. E sulla cosiddetta «cessione dei territori» le distanze fra Russia e Ucraina non potrebbero essere più siderali.