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Ucraina-Russia, Meloni chiama il Papa: «Pronto a ospitare i colloqui». Poi sente gli alleati (Macron, Starmer, Merz) e Trump

9 ore fa 1
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Giornata intensa, in barba alla febbre. Girandola di chiamate per Giorgia Meloni, che tesse la tela dei negoziati per la pace Kiev-Mosca giocando di sponda con il Vaticano. La premier sente Papa Prevost – collegata da casa, nell'elegante quartiere del Torrino, costretta allo stop appunto dalle condizioni fisiche – ed è la seconda telefonata con il pontefice dal giorno in cui i 133 cardinali raccolti nella Cappella Sistina hanno scelto il successore di Bergoglio. Se la prima telefonata tra i due era stata improntata solamente agli auguri per l'inizio del pontificato (come di prassi), il contatto di ieri è stato segnato dal pragmatismo, orientato su un unico traguardo da tagliare: la pace a Kiev. Da raggiungere il prima possibile, prima che il bollettino delle vittime e dei feriti prosegua nella sua folle corsa, prima che le bombe continuino a piovere dal cielo colpendo civili e infrastrutture nevralgiche per il Paese. Magari prima della conferenza per la ricostruzione che è in programma proprio nella Capitale a luglio. Meloni sonda la disponibilità del Papa a ospitare in Vaticano i negoziati. È stato uno dei temi portanti della chiamata tra Donald Trump e i cosiddetti “volenterosi” (nel format allargato, per la verità) di lunedì scorso: la presidente del Consiglio vuole la rassicurazione di non essersi spinta troppa avanti, di essere in perfetta linea con la Santa Sede che, nei giorni scorsi, aveva fatto trapelare di essere a disposizione. E la sintonia in effetti è totale: Papa Leone XIV conferma che il Vaticano è pronto a ospitare la partita, il secondo atto dello storico faccia a faccia Trump-Zelensky tra le navate di San Pietro nel giorno delle esequie di Francesco, la storica foto che ha fatto il giro del mondo.

In serata arriva la nota di Palazzo Chigi, ad ufficializzare la notizia anticipata dal Messaggero.it. «Il colloquio con il Santo Padre – si legge – fa seguito alla telefonata di ieri con il Presidente Trump e con altri leader europei, nel corso della quale è stato chiesto al Presidente del Consiglio italiano di verificare la disponibilità della Santa Sede a ospitare i negoziati. Trovando nel Santo Padre conferma della disponibilità ad accogliere in Vaticano i prossimi colloqui tra le parti, il Presidente del Consiglio ha espresso profonda gratitudine per l’apertura di Papa Leone XIV e per il suo incessante impegno a favore della pace».

PRIMA CALL CON KIEV

Ma riavvolgiamo il nastro di una giornata molto intensa, con Palazzo Chigi al centro del mondo (diplomatico e non solo). Circa dieci ore prima della telefonata con Prevost, la premier sente Zelensky. Tra i due una telefonata franca, orientata a fare il punto sulle call del giorno prima. Compresa quella in cui Trump, dopo aver sentito Putin, ha aggiornato i volenterosi per tirare le somme: una videocall dalla Situation room dove ha preso sempre più piede l'ipotesi del negoziato nella Santa Sede. Nella chiamata con Meloni, Zelensky – pur favorevolissimo a trattative per la pace in Vaticano, visto anche il cambio di atteggiamento da parte della Santa Sede nel passaggio tra Francesco e Leone – non nasconde i suoi dubbi. Teme il gioco delle tre carte, con Vladimir Putin a far da mazziere. O meglio da baro. Comprensibile. Del resto è rimasto “scottato” fin troppe volte. È lo stesso timore che agita le cancellerie europee, soprattutto i paesi baltici che con la Russia dello zar confinano e conoscono le sue mire e le ambizioni di espsansione, forse anche oltre l’Ucraina. Convivono, insomma, con la paura che gli appetiti di Putin sconfinino, investendo anche i loro territori. Bisogna chiuderla in fretta, far presto. Mosca, nelle stesse ore, si dichiara pronta ai colloqui con Kiev. Mentre l'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash, in una intervista al Tg1 auspica che «la Russia accetti l'offerta che arriva da Oltretevere».

LA GIRANDOLA DI CHIAMATE

Nasce anche da qui l'accelerazione di Meloni, che chiama prima il pontefice e poi aggiorna – nell'ordine – il Cancelliere tedesco Friederich Merz, il presidente finlandese Alexander Stubb (già tirato dentro nella telefonata con Trump), il primo ministro britannico Keir Starmer, Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen. Tutti i leader vedono nella “carta” della Santa Sede un potenziale asso da calare per portare avanti negoziati finora infruttuosi. Il timore maggiore è che Putin si sfili, vedendo di cattivo occhio un Vaticano guidato da un pontefice considerato molto vicino alla «martoriata Ucraina», copyright Papa Leone XIV. Ma la speranza si fa strada, corre sul filo delle cancellerie che Meloni chiama una dopo l’altra.

LA TELEFONATA CON TRUMP

Solo dopo aver fatto il punto con gli europei, la premier si attiva per contattare la Casa Bianca e informare Trump del colloquio, fruttuoso, con il pontefice. Da casa, raggiunta da alcuni diplomatici, già in queste ore la presidente del Consiglio parlerà con il tycoon. A lui spetterà il compito di sondare Putin, convincendolo ad avviare i colloqui con Kiev per arrivare alla pace.

IL TIMING

I negoziati, stando a fonti di primo livello, potrebbero essere avviati già la settimana prossima. Prevost si sarebbe detto pronto a qualsiasi evenienza, ad aprire sin da subito le porte del Vaticano per tentare di arrivare alla pace. Le prossime ore saranno dunque decisive. Riflettori puntati sulla rotta Mosca-Wasghinton, con Roma potenziale protagonista. E Meloni uscita dall’angolo e ora pronta a guidare la partita.

Intanto gongolano in via della Scrofa, quartier generale di Fdi, dove gli inciampi della premier nelle ultime settimane erano stati vissuti con una certa sofferenza. «Giorgia è così. Se la stendi non resta a terra, si rialza e picchia duro», la metafora che rimbalza tra i suoi, insieme all’ironia sulle presunte ore difficili di Macron.

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