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Vietato usare le parole "nonno" e "nonna": chi ci vuole tappare la bocca

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Ignazio Stagno 03 febbraio 2025

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Il nonno e la nonna. Pilastri imprescindibili dell'infanzia ma spesso genitori bis, consiglieri e primi amici di chi muove i primi passi. Nessuno ha mai provato vergogna a chiamarli come la lingua italiana li definisce, "nonna" e "nonno" appunto. Ma in Germania a quanto pare questi termini cominciano a diventare indigesti per chi del politically correct ha fatto una religione: i progressisti. E così ci tocca raccontarvi un’altra scena del teatro dell’assurdo che sta sul cartellone europeo. A Berlino infatti Ferda Ataman, di anni 46, capa della commissione per l’anti-discriminazione al ministero della famiglia, seguendo anche le direttive dalla sua ministra, la verde Lisa Paus, ha consigliato ai tedeschi di non chiamare più le nonne sueßi Omi, “dolce nonnina”. Il motivo? È presto detto: quella dicitura discrimina per l’età. E addirittura si rischia di non trovare lavoro perché “non giovani” e dunque scartati ai colloqui.

TRADIZIONI SOTTO ATTACCO
Insomma, siamo di fronte all’ennesima follia: pian piano l’ideologia di chi vuole cancellare e seppellire le nostre tradizioni, anche quelle della lingua parlata e scritta, si fa avanti e come un panzer senza controllo travolge anche chi ci ha donato una dolcezza che va oltre quella di un genitore. Perché scevra di indicazioni educative e non frenata dall'autorità genitoriale.

Del resto il filone è sempre lo stesso: quello di chi ci voleva costringere a chiamare “genitore 1” e “genitore 2”, la “mamma” e il “papà”. Difenderli è demagogia? Chiamatela come volete, ma bisogna rimettere alcuni punti fermi che si stanno perdendo e che la razionalità comincia ad ignorare facendoli scivolare in un vortice di battaglie ideologiche che nulla hanno a che vedere con i fondamentali dell’essere umano. Ma tant’è. La Ataman su questa storia di “nonno” e “nonna” vietati nell’uso della lingua corrente c’ha pure scritto decine di pagine in un reportino, molto dettagliato e dalle grandi pretese, prodotto proprio dalla commissione anti-discriminazione. Il tutto per evitare che “venga mortificata la vecchiaia” e che la terza età possa essere affiancata a un concetto dispregiativo.

Ebbene, non c’è cosa più inopportuna di salvare l’essenza di qualcosa vietandone l’uso. Cancellare di default “nonno” e “nonna” si sbianchettano le pacche sulle spalle di un anziano al nipote, l’alito consumato di vino e fumo che spesso alberga dalle parti di un “nonno”, il maglione di una “nonna” cucito coi ferri per la nipote, ma semplicemente quell’odore di lasagna o di cassata domenicale che solo “nonna” sa fare e sa mettere in tavola. Piccole gioie di una vita spesso frenetica e con poche vie di fuga. Piccole gocce d’acqua su anime aride intorpidite dalla quotidianità che sono riconducibili solo a quelle etichette verbali “nonno” e “nonna”.

Soloni, maestrini, professoroni e professorini della vita che tutto sapete e che tutto volete insegnare agli altri, questa volta tenete le mani a posto. Lasciate in pace chi non vede l'ora magari di farsi chiamare “nonno” o “nonna”. Ogni volta che si aggiunge un “nonno” a questa triste comunità di noi, disgraziati che ci ostiniamo a chiamare le cose con il loro nome, una nuova vita è venuta al mondo. Con buona pace di chi sta lì a misurare l'esistenza in lunghezza.
La Ataman prenda lezioni da Luciano De Crescenzo: la vita va misurata in larghezza. Fatevene una ragione, vivreste meglio il vostro tempo risparmiandoci inutili regole e regolette per stravolgere ciò che siamo. Da secoli.

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