Al terzo giorno di lavoro la sequestra nello scantinato e la violenta per oltre un'ora

Era in aula, accompagnata dalla madre, ancora - e visibilmente - disperata, presente per l'udienza preliminare che si è svolta a porte chiuse oggi, giovedì 4 luglio, nel tribunale di Torino, a sei mesi dall'inaudita violenza subita. La giovane vittima, 20enne, il 28 gennaio scorso è stata sequestrata e violentata dal suo datore di lavoro nello scantinato del bar, nel quartiere di Aurora, in cui aveva iniziato a lavorare appena tre giorni prima. Tempi record per il processo, grazie alla corsia del codice rosso che ha permesso al pubblico ministero Davide Pretti di dar mandato alla squadra mobile di completare le indagini nel minor tempo possibile. La vittima e i genitori si sono costituite parti civili e sono assistiti dalla legale Stefania Serafini. La violenza descritta nel capo d'imputazione è agghiacciante: quella mattina la vittima stava caricando il frigo del bar quando il suo datore di lavoro, un 38enne albanese, l'avrebbe attirata con una scusa nello scantinato, sequestrata, rapinata della sua borsa e del cellulare, costretta ad assumere cocaina e violentata per oltre un'ora. Poi l'avrebbe brutalmente picchiata strappandole intere ciocche di capelli per continuare ad abusare di lei. In ostaggio, senza possibilità di farsi sentire da chi passava fuori, dopo oltre sessanta minuti interminabili è riuscita a convincere il suo aguzzino e stupratore a riaccompagnarla a casa col il corpo martoriato dalle percosse e disperata. Ha raccontato alla madre quanto accaduto e ha chiamato la polizia. Gli agenti della squadra mobile in quel seminterrato hanno ritrovato le sue ciocche di capelli e nel giro di qualche giorno hanno arrestato il barista. Lui, assistito dagli avvocati Pierpaolo Berardi del foro di Asti e da Mario Bertolino, nega ogni accusa. Questa mattina i due legali hanno chiesto di visionare alcuni filmati e il processo è stato rinviato a settembre. 

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