ARTICLE AD BOX
Non è la solita antivigilia a Palazzo Chigi. Giorgia Meloni torna dalla Lapponia e si mette al lavoro sui due dossier che più le premono in questo ultimo scampolo di anno: Ucraina e migranti. I grandi nodi da sciogliere. Con un file rouge chiamato Matteo Salvini, il leader della Lega che da tempo chiede di allentare l'invio di armi a Kiev e sogna il ritorno al Viminale ora che è stato assolto nel processo Open Arms. È il giorno del rilancio del piano fra Italia e Albania sui riconoscimenti extra territoriali, frenato dai tribunali, avversato dalle opposizioni unanimi. Ma anche il giorno del primo confronto vis a vis fra la premier e il suo vice dopo giorni sull'ottovolante.
LE MOSSE
Lui che adocchia il grande ritorno alla guida del dicastero che presiede la lotta all'immigrazione clandestina e fece la sua fortuna anni fa. Lei che gli spiega: non si può fare. Non ora almeno. Con ordine. Meloni presiede una cabina di regia sul piano albanese con i ministri che hanno voce in capitolo: Piantedosi, Foti, Crosetto, il sottosegretario Mantovano. E in meno di mezz'ora dà la linea: non si può aspettare la "Lista dei Paesi sicuri" della Commissione europea prevista per marzo, lasciando vuoti e inattivi i centri a Gjader e Shengjin per tre mesi. «Andiamo avanti» annuncia invece la presidente del Consiglio spiegando, insieme al segretario generale di Palazzo Chigi Carlo Deodato, che la recente e discussa sentenza della Cassazione sui rimpatri «ci dà ragione» (le opposizioni però la leggono al contrario) e dunque da gennaio la nave Libra sarà di nuovo nel Mediterraneo per trasportare migranti nel Paese di Edi Rama. Del resto, spiega fra le righe la premier, il governo spera che la recente riforma dei tribunali che hanno competenza sui ricorsi dei migranti, con le Corti d'appello pronte a subentrare alle sezioni immigrazione dei tribunali ritenute "di sinistra", aiuterà a dare un'accelerata al piano. Alrto fronte, la Ue. Il governo registra «il consenso di Olanda e Danimarca» per soluzioni innovative e conta su questo per ottenere dall’Europa l’anticipo del patto migratorio al 2025. A stretto giro presiede l'ultimo Consiglio dei ministri pre natalizio. Salvini arriva in ritardo e incassa l'applauso dei colleghi per l'assoluzione a Palermo. «Una sentenza che rafforza il piano in Albania» rincara lui con sorriso a trentadue denti. Con Meloni si sfiora di prima mattina all'apertura della Porta Santa del Giubileo, sorrisi e sguardi apparentemente complici. Si vedranno poco prima del Cdm, a tu per tu, per un chiarimento. Sempre in mattinata il leghista fa visita a Matteo Piantedosi al Viminale per la firma di un accordo di Ferrovie dello Stato. Rientra insomma per qualche ora nel ministero che spera di riavere un giorno, o così fa capire fra le righe, come compensazione per la vicenda giudiziaria Open Arms. Il processo che due anni fa ha contribuito a dirottare il capo della Lega sulle Infrastrutture e i Trasporti, d'intesa con Meloni e il Quirinale.
LA STRATEGIA
Da par suo la leader di Fratelli d'Italia non ha cambiato idea: agli Interni, ha calato il sipario dalla Finlandia, resterà "l'ottimo" Piantedosi. Punto. Se Salvini cerca la ribalta elettorale, sono i ragionamenti dei vertici di FdI, potrà trovarla nel super-ministero che presiede e nel progetto del Ponte di Messina che Meloni e Giorgetti stanno sostenendo non senza qualche fatica nella caccia ai finanziamenti monstre necessari all'infrastruttura che dovrà unire Calabria e Sicilia. Insomma lo schema è: a ognuno al suo e solo cosi si dura cinque anni. Sul tavolo del Cdm atterra intanto il decreto Ucraina che proroga per un anno la possibilità di inviare aiuti militari a Zelensky, a pochi giorni dal via libera al decimo pacchetto di armi e munizioni spedito dall'Italia. L'ombra di Donald Trump si staglia sul tavolo ellittico di Palazzo Chigi - Meloni intanto medita se andare all'inauguration day a gennaio - e forse non è un caso se Guido Crosetto sceglie di fare una premessa. Il decreto viene approvato, è il senso del discorso, perché «dobbiamo onorare gli impegni con i nostri alleati» ma di giorno in giorno cresce la speranza che «non ci sia bisogno di approvare un nuovo pacchetto», ora che qualche spiraglio di tregua si fa spazio nella trattativa sotto traccia tra Kiev e Mosca. Chissà. Meloni congeda i ministri con un omaggio natalizio: un barattolo di Nutella. Epilogo dolce incrociando le dita perché l'anno prossimo lo sia altrettanto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA