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Svolta nel "caso alberate" di corso Belgio a Torino. Dopo undici mesi dall'inizio della contesa giuridica, il Comitato "Salviamo gli Alberi di Corso Belgio" ha vinto il ricorso, con il giudice che ha parzialmente accolto le istanze dei cittadini, condannando il Comune al risarcimento delle spese legali.
La sentenza riconosce che, se realizzato come pretendeva l’Amministrazione, per grandi lotti e in un tempo massimo di 18 mesi, il progetto avrebbe causato ai ricorrenti (e agli altri abitanti della zona) un danno alla salute. Gli alberi esistenti stanno fornendo servizi ecosistemici.
"Il consulente tecnico d'ufficio, il medico Ennio Caudum, ha confermato il nesso generale tra eccesso di temperatura e salute, in termini non solo di ricoveri ospedalieri ma anche di mortalità. Ed è stato accertato che in corso Umbria l’intervento gemello di quello di corso Belgio ha indotto un aumento dei valori di temperatura massima stagionale di due gradi", sottolinea l'avvocato Virginia Cuffaro.
Il giudice ha inoltre colto in senso favorevole ai ricorrenti il riferimento alla “foresta urbana” contenuto nella relazione finale del consulente tecnico: i legali del Comune avevano contestato la legittimazione attiva di alcuni cittadini non residenti in corso Belgio.
"Se la “rilevanza della foresta urbana” è da considerare “nel suo complesso”, allora l’interesse legittimo a difendere il diritto alla salute non è limitato ai residenti nel luogo preciso in cui avviene l’abbattimento: sicuramente si estende agli abitanti della zona, e potenzialmente all’intera cittadinanza. E questo è un altro elemento che il Comune d’ora in poi dovrà considerare", sottolinea ancora Cuffaro.
Allo stesso tempo, il giudice ha accettato la tesi del consulente tecnico del Comune secondo cui l’alberata sarebbe in regressione, nonostante sia stata contestata dall'agronomo Daniele Zanzi che "difendeva" le tesi del Comitato, che aveva contestato anche l’urgenza degli abbattimenti eseguiti nel febbraio scorso dal Comune.
Pur accogliendo la tesi della regressione, il giudice ha rigettato il progetto com’era stato concepito e ha introdotto misure di mitigazione, tra cui l’esecuzione diluita su un arco temporale non inferiore a 5 anni, entro la quota annua del 20%, e la messa a dimora non di alberelli come quelli di corso Umbria, ma di piante con il fusto della circonferenza di 20-25 centimetri e dell’altezza di 4 metri.
"Il Comune e i suoi tecnici pagano la caparbietà con cui, anche durante il ricorso, hanno cercato di imporre ai cittadini il progetto e una visione del verde urbano anacronistica, calpestando non solo la democrazia, ma persino il sapere scientifico e la competenza tecnica che avrebbero dovuto mettere al servizio dei cittadini e che invece sono stati costantemente ridotti a brandelli decontestualizzati, agitati in modo terroristico. La verità scientifica ha dovuto essere ricercata e ricostruita dagli aderenti al Comitato: uno studio che, insieme ad altre esperienze condivise, come quella del presidio, ha rappresentato per molti di loro un processo di crescita collettiva. Il Comitato auspica che la sentenza rappresenti un precedente importante per l’ambientalismo, e che altri cittadini trovino il coraggio e la determinazione di unirsi e lottare per la difesa del proprio territorio, dell’ecosistema, dei beni comuni e della salute, contro i progetti calati dall’alto", commentano dal Comitato, che ha già annunciato un’assemblea pubblica domenica 16 giugno 2024 alle 17 ai giardini di corso Belgio con ingresso all’altezza del numero civico 79.
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