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«Ora che finalmente sembra tutto finito mi piacerebbe fare la mia parte. Sensibilizzare i giovani sulle tematiche del femminicidio. Ci sono altri ragazzi che vivono situazioni simili a quella che ho vissuto io per anni in casa. E non vanno lasciati soli. Forse se qualcuno ci avesse aiutato prima non si sarebbe arrivati a questo punto. Io ho agito unicamente per salvare la vita di mia madre e sono felice che i giudici alla fine lo abbiano riconosciuto».
Alex Cotoia, oggi 22enne, uccise il 30 aprile del 2020 il padre Giuseppe Pompa, a Collegno. Ieri dopo un lungo calvario giudiziario è stato assolto dalla corte d’assise d’appello di Torino. Alla fine è stata legittima difesa. Ha ucciso sì, ma per difendere la madre che quella sera rischiava la vita. La stessa che ha potuto abbracciare dopo la lettura della sentenza. Un pianto di gioia. La vita di Alex può ricominciare.
Dopo la sentenza di condanna di appello come si era sentito?
«Ho passato mesi difficili. Avevo smesso di studiare: non ce la facevo con il pensiero di poter ritornare in carcere. Sono andato un po’ in depressione. Non mi sono mai aspettato una sentenza piuttosto che un’altra. Ho sempre cercato di affrontare serenamente per quanto fosse possibile le conseguenze di tutto, ma dopo l’appello avevo perso la voglia di fare progetti. Non ci vedevo un senso. Adesso però voglio riprendere anche a studiare. Sogno un futuro nel mondo della comunicazione sportiva. Adesso cercherò un master specialistico per seguire la mia strada. Ancora non ci credo che posso decidere del mio futuro senza quel peso».
Ha anche dei progetti a breve termine?
«Stasera festeggeremo in famiglia con mio fratello e mia madre, che mi sono stati sempre vicino. Devo loro così tanto. Così come la mia ragazza che non mi ha mai abbandonato in tutti questi anni: chissà magari adesso potremo progettare un viaggio insieme. Sarebbe un sogno e se lo merita. Festeggerò anche con Zoe, la mia cagnolina, una dolcissima Golden di un anno e mezzo. Poi ci sono le persone che mi hanno aiutato e che voglio ringraziare, gli avvocati e tutti, che sono davvero tanti, quelli che hanno creduto in me. Non ce l’avrei fatta senza di loro. Quando tutto è iniziato ero ancora più giovane. Da una situazione del genere nessuno può uscire senza degli affetti reali. In questo sono stato fortunato. Sia in casa che fuori ho trovato tante persone pronte a sostenermi, che hanno compreso il mio stato d’animo».
Qual è stata la sua prima reazione alla lettura delle sentenza?
«All’inizio, quando ero in aula, non mi sono reso subito conto. Sono ancora frastornato adesso. Quando i giudici hanno letto la sentenza mi sono voltato verso i miei avvocati perché non sempre capisco cosa viene detto in queste aule. Ora devo metabolizzare. Ma sono felice. Mi sembra la fine di un incubo».
Diceva che vorrebbe aiutare altri ragazzi nella tua stessa situazione.
«Mi piacerebbe che la mia esperienza possa essere utile per altri ragazzi. Il mio purtroppo non è stato un caso isolato. Ci sono tanti giovani con situazioni familiari delicate, che sono lasciati completamente soli».
È stato così anche per lei?
«Noi fuori casa non avevamo nessuno. Non sapevamo a chi chiedere aiuto. È una situazione che purtroppo ho vissuto sulla mia pelle. Da piccoli non si sa bene cosa fare, dove cercare supporto. Le situazioni di violenza restano tutte dentro le mura domestiche. Bisogna fare sensibilizzazione tra i giovani in merito ai femminicidi. Ci sono persone che possono essere aiutate in tempo. Senza arrivare a una situazione come la mia. La violenza sulle donne è un fenomeno sociale. E se una donna trova il coraggio di denunciare quello che sta passando va ascoltata perché ha trovato dentro di sé un coraggio non indifferente. E purtroppo anche quello che devono affrontare dopo la denuncia non è facile. Noi purtroppo non siamo riusciti a trovare la forza di fare questo passo. E poi è stato troppo tardi. Per questo vorrei lavorare sulla prevenzione. Vorrei però dare il mio contributo attraverso un progetto ben delineato, che sia valido insomma. Ci sono tante associazioni che da anni operano in questo campo. Io mi metto a disposizione. Vedremo se sarà possibile. Io lo spero».
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