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ROMA-CERNOBBIO. Il Superbonus uscito dalla porta delle case degli italiani rischia di rientrare dalla finestra. La stretta voluta dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per arginare il buco nei conti pubblici che ha superato i 210 miliardi di euro potrebbe essere vanificata dal piano Salva Casa del suo vice premier e segretario della Lega, Matteo Salvini. Il mini condono annunciato dal Mit, infatti, andrebbe a sanare le difformità lievi che secondo una stima del Consiglio nazionale degli ingegneri hanno bloccato l’80% degli immobili che volevano usufruire del Superbonus, ma si sono dovuti fermare. Questo perché non si può beneficiare dell’agevolazione edilizia se nell’abitazione è presente un abuso, anche piccolo. Solo aderendo alla sanatoria, i proprietari che hanno depositato la Cilas (la comunicazione di inizio lavori) secondo i tempi previsti dalla legge, e hanno pagato alla ditta almeno una fattura, potranno sbloccare il cantiere e ottenere lo sconto in fattura, senza dover anticipare un euro di ristrutturazione. «Il Salva Casa non è un condono e non riguarda le zone sismiche, nel centrodestra troveremo la sintesi», ribadisce Salvini che poi aggiunge: «Non sono assolutamente preoccupato, la nostra economia cresce più di quasi tutta l’economia europea».
A 48 ore dal Consiglio dei ministri chiamato ad approvare il Documento di economia e finanza, il governo però appare in difficoltà proprio sui dati del debito e della crescita. Nel 2024 la dinamica del debito pubblico sarà sicuramente in crescita rispetto al 137,3% registrato nel 2023 dall’Istat, sia a causa dell’effetto del Superbonus, sia per il calo dell’inflazione che fino allo scorso anno aveva gonfiato il Pil nominale. Non un bel segnale per i mercati e gli investitori. Al Tesoro non resta che fare buon viso a cattivo gioco mantenendo il debito sotto il 140%, così da poter dire di aver migliorato l’obiettivo fissato a settembre con la Nota di aggiornamento. A Cernobbio, il sottosegretario al ministero dell’Economia Federico Freni - che ha partecipato ai lavori del workshop organizzato da The European House Ambrosetti sostituendo in corsa il ministro Giorgetti - lo dice esplicitamente: «Il rapporto debito Pil sarà sotto il 140%, la crescita intorno all’1%».
Ecco, la previsione del Pil di quest’anno è un altro tema su cui c’è grande incertezza. Il Tesoro ipotizzava di mettere l’asticella all’1%, ma negli ultimi giorni è subentrato un po’ di pessimismo. Le proiezioni della Banca d’Italia di una crescita allo 0,6% (arrotondata allo 0,8 per via delle giornate lavorative in più nel 2024) e quelle analoghe della Commissione europea, lasciano intendere un possibile passo indietro del governo. Su questo però Freni risponde in maniera molto netta: «Raramente il Mef ha sbagliato i conti negli ultimi anni».
Al di là degli zero virgola del Pil, il Superbonus è la principale preoccupazione dell’esecutivo: «Il Pnrr cuberà come spesa da qui al 2026 196 miliardi, di cui 123 a debito, mentre il complesso dei bonus edilizi è costato oltre 210 miliardi». Il ragionamento, esplicito pur non essendoci ancora una cifra esatta, è che «alla fine sempre di debito si tratta».
In vista del Consiglio dei ministri sul Def di martedì Freni aggiunge altri dettagli sullo stato di salute dell’economia italiana: «La legge di bilancio per quest’anno era di 25 miliardi, la spesa per interessi circa di 80. La riduzione della spesa per interessi è centrale per qualsiasi politica di sviluppo e la spesa per interessi si riduce se si riduce il debito». Tornando a battere ancora una volta sul Superbonus il sottosegretario leghista insiste: «Certamente il rapporto debito-Pil è influenzato da alcune dinamiche, tra cui quella dei bonus edilizi, ma dobbiamo fare i conti con quello che abbiamo trovato e dobbiamo fare del nostro meglio come stiamo facendo per limitare questa influenza». Domani l’Agenzia delle entrate dovrebbe inviare i conteggi definitivi di tutti i bonus edilizi: solo allora si potrà chiudere il quadro macroeconomico del Def.