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Antonello Lovato arrestato, così ha lasciato morire Satnam Singh. Il braccio reciso e l'abbandono. Il giudice: «Disumano»

6 mesi fa 3
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Antonello Lovato è stato arrestato per l'accusa di «omicidio doloso di Singh Satnam». Lo rende noto la Procura di Latina. «Sulla scorta delle risultanze della consulenza medico legale la Procura ha variato l'ipotesi di reato inizialmente configurata (omicidio colposo) ed ha contestato il reato di omicidio doloso con dolo eventuale. - spiega una nota -. La consulenza medico legale ha accertato che ove l'indiano, deceduto per la copiosa perdita di sangue, fosse stato tempestivamente soccorso, si sarebbe con ogni probabilità salvato».

La condotta

«Prescindendo da valutazioni etiche (irrilevanti per il diritto penale) che pure si imporrebbero a fronte di una condotta disumana e lesiva dei più basilari valori di solidarietà, non può sottacerti che l'indagato si è intenzionalmente e volontariamente disinteressato delle probabili conseguenze del suo agire». E' quanto scrive il gip di Latina, Giuseppe Molfese, nell'ordinanza cautelare a carico di Antonello Lovato, titolare dell'azienda agricola dove lavorava Singh Satnam.

Le irregolarità

Quanto compiuto da Antonello Lovato «valutato nel complesso, lascia presumere che egli volesse occultare quanto accaduto per evitare che venissero alla luce le condizioni di irregolarità e sfruttamento nelle quali versava il lavoratore, nonché la gravissima situazione di irregolarità dell'azienda sotto il profilo della sicurezza e della salute sul lavoro». E' quanto scrivono i pm di Latina nella richiesta di custodia cautelare per il datore di lavoro di Satnam Singh. In base all'impianto accusatorio il «probabile movente» del «contegno omissivo» di Lovato, subito dopo l'incidente sul lavoro avuto da Singh, «colora la sua condotta in termini di dolo, quantomeno eventuale». Ed «i comportamenti susseguenti all'abbondono del corpo in limine vitae corroborano la ricostruzione finora operata, fornendo supporto argomentativo alla ricostruzione in termini di omicidio volontario». I pubblici ministeri aggiungono che «Lovato si dava precipitosamente alla fuga, per sua stessa amissione provvedeva a lavare il furgone e soprattutto si preoccupava di sottrarre alla vittima e la moglie il cellulare, allo scopo di evitare che venissero allertati i soccorsi. Tali maliziosi accorgimenti contribuiscono a dimostrare che l'intenzione primaria dell'indagato fosse quella di nascondere quanto accaduto e che tale intendimento fosse preordinato a qualsiasi altro interesse, un risultato da raggiungere ad ogni costo, anche quello della vita altrui».

Stare zitti

«L'uomo che guidava il furgone (Antonello Lovato, ndr), una volta trasportato il mio vicino presso la sua abitazione, iniziava a correre in direzione del furgone. Per comprendere meglio la situazione chiedevo spiegazioni a quest'ultimo ma non mi riferiva nulla. L'uomo a noi sconosciuto faceva il gesto del dito davanti la bocca, come per dirci di stare zitti». E' quanto afferma agli inquirenti un vicino di casa di Singh Satnam sentito su quanto avvenuto il 17 giugno a Cisterna di Latina. «Dopo aver fatto questo gesto è salito in fretta sul suo furgone ed scappato ad alta velocità", aggiunge il testimone.

Il braccio reciso

Satnam Singh è morto lo scorso 16 giugno. Un macchinario per il taglio del fieno gli aveva reciso il braccio e il suo datore di lavoro, Lovato appunto, lo ha abbandonato in mezzo alla strada a Borgo Santa Maria, Latina. Il 31enne è stato trasportato all'ospedale San Camillo di Roma, dov'è arrivato in condizioni disperate. Sottoposto a una delicatissima operazione, Satnam è poi morto poche ore dopo il suo arrivo in pronto soccorso. Come stabilito dall'autopsia, il ragazzo poteva essere salvato. Aveva perso un braccio e aveva riportato gravi ferite alle gambe, ma se fosse stato tempestivamente soccorso, hanno concluso i medici, sarebbe probabilmente ancora vivo. E invece il titolare dell'azienda per cui lavorava lo ha abbandonato davanti casa senza chiamare immediatamente il 118.

La moglie: dicevano "è morto"

“Antonello urlava le frasi ‘è morto! è morto!’ mentre mio marito si trovava a terra con l'arto superiore destro tranciato. Ho visto che aveva subito anche delle lesioni ad entrambe le gambe. Nell'immediatezza ho chiesto ad Antonello di chiamare i soccorsi ma lo stesso continuava a dire le frasi ‘è morto! è morto!’ Solo dopo aver insistito nella mia richiesta Antonello ha preso un furgone di colore bianco, ha caricato mio marito all'interno dello stesso riponendo l'arto staccato in una cassetta in plastica per poi accompagnarci presso il nostro domicilio di via Genova”. Questa la testimonianza della moglie di Satnam Singh, anche lei bracciante agricola, presente negli atti con cui la procura di Latina ha chiesto e ottenuto dal gip il carcere per Antonello Lovato, titolare dell’azienda agricola dove lavorava Singh Satnam. “Giunti a casa, un mio connazionale che vive anche lui in via Genova con la sorella, visto le condizioni cui versava mio marito, subito si è attivato a richiedere l'intervento di personale medico che giungeva poco dopo, operando il soccorso di mio marito che è stato trasportato con urgenza in una struttura ospedaliera. Antonello, giunti in via Genova 13, prendeva in braccio mio marito e lo deponeva innanzi all'ingresso dell'appartamento dove dimoriamo e si allontanava velocemente. Subito dopo mi sono resa conto che il mio cellulare e quello di mio marito erano rimasti nel furgone”, ha spiegato. Alla domanda se Antonello Lovato, dopo l'incidente, si fosse adoperato per chiamare i soccorsi medici, la donna ha risposto “no, assolutamente”.

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