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Armi a Kiev, l?Ue approva ma c?è il no dei partiti italiani. Chi ha votato contro e cosa succede ora

1 mese fa 4
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Il via libera all’uso delle armi occidentali in territorio russo distanzia la politica italiana dal resto dell’Europa. L’indicazione - un tema che divide ancora i governi dei 27 - passa comunque ad ampia maggioranza, alla vigilia del primo viaggio dalla rielezione che porterà, oggi, Ursula von der Leyen a Kiev. È contenuta in una risoluzione non vincolante sul sostegno finanziario e militare Ue che, nell’ultima giornata della plenaria dell’Europarlamento riunita a Strasburgo - quella dedicata come da prassi ai testi in materia di politica estera - ha visto gli eurodeputati italiani fare fronte comune e, al netto di tre defezioni bipartisan, votare in massa contro il punto 8 del testo. Quello, cioè, che recita così: il Parlamento «invita gli Stati membri a revocare immediatamente le restrizioni all'uso dei sistemi d'arma occidentali forniti all'Ucraina contro legittimi obiettivi militari sul territorio russo, in quanto ciò ostacola la capacità di Kiev di esercitare pienamente il suo diritto all'autodifesa». Un proposito che, ha replicato Mosca a stretto giro, «conduce verso una guerra mondiale con armi nucleari», poiché «in caso di attacchi ucraini in profondità in Russia con armi occidentali, la Russia darà una risposta dura usando armi più potenti», ha avvertito il capo della Duma Viaceslav Volodin, citato dall’agenzia di Stato Tass, aggiungendo una punta di minaccia: «Il tempo di volo di un missile Sarmat fino a Strasburgo è di tre minuti e 20 secondi».

Tornando allo scrutinio, alla luce della correzione del voto fatta nel pomeriggio da quattro eletti del centrodestra, a guardare i tabulati hanno votato contro, compatti, Fratelli d’Italia, Lega, Movimento Cinque Stelle, Verdi e Sinistra italiana, insieme a Forza Italia e Partito Democratico. In entrambi i fronti, tuttavia, si è aperta qualche crepa: in mezzo a una schiera di no che in molti casi hanno allontanato gli italiani dai gruppi Ue di appartenenza, gli unici a esprimersi a sostegno dell’invito agli Stati a rimuovere le restrizioni all’uso delle armi direttamente in Russia sono stati infatti il forzista Massimiliano Salini e le dem Pina Picierno e Elisabetta Gualmini. Nel Pd, diversi hanno invece tolto la scheda di voto al momento di esprimersi sul punto, salvo poi reinserirla nel prosieguo. Al pari dei popolari, anche l’indicazione del gruppo socialista era di voto favorevole (a proposito, non è passato invece inosservato il sì di un’icona dell’ultrasinistra, cioè la tedesca Carola Rackete, in dissenso dal gruppo The Left, che condivide con il M5S). Al mattino era stato il ministro degli Esteri e leader di Fi Antonio Tajani a ricordare che il no all’Europarlamento sul passaggio dedicato all’uso oltreconfine delle armi occidentali è «in sintonia con quello che ha sempre deciso il governo».

IN MINORANZA

Messe in minoranza le delegazioni italiane, alla fine il mantenimento della formula è passato, confermato nel voto separato con 377 sì, 191 no e 51 astenuti. La risoluzione nel suo insieme, poi, è stata approvata a larghissima maggioranza, con 425 sì, 131 no e 63 astenuti. Stavolta con una ricomposizione del fronte italiano pro-Kiev: a votare, infatti, a favore sono stati FdI, Fi e Pd (pur con l’astensione, tra i dem, di Marco Tarquinio e Cecilia Strada); fermi sul no, invece, sono rimasti Lega, M5S, Verdi e Si. Sulla questione, insomma, l’Eurocamera scrive una parola ferma, a differenza dei governi, che - dalla Germania all’Italia, passando per l’Ungheria - a fine agosto avevano alzato un muro di fronte alla possibilità, evocata dal capo della diplomazia Ue Josep Borrell, di avere un via libera comune dell’Ue agli attacchi oltreconfine con equipaggiamenti militari europei. A prevalere, semmai, era stata la volontà di lasciare il tema ai rapporti bilaterali tra i singoli Stati e l’Ucraina.

IL VENEZUELA

Tra le risoluzioni senza valore legale approvate ieri anche una sul Venezuela, dopo la rielezione del presidente Nicolás Maduro a luglio, in seguito a consultazioni manipolate. Il testo riconosce come leader legittimamente eletto Edmundo Gonzalez Urrutia, che ha nel frattempo ottenuto asilo politico in Spagna. Ma ha destato scalpore per un dato politico: è passata, infatti, senza i voti delle forze progressiste, ma grazie a un inedito asse di destra tra popolari, conservatori e patrioti.

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