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Baggio rapinato in casa con la famiglia, il coraggio dell'anti-divo: «Poteva accadere di tutto, ma ora superare la paura»

4 mesi fa 3
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La paura e la ragione. Roberto Baggio si è rigirato nella mente un vortice di turbamenti e inquietudini, nella giornata di ieri, dopo una notte densa di incubi. Immenso è stato lo spavento per la rapina, certo, anche se presto è subentrata la consapevolezza di aver rischiato un esito peggiore. «Innanzitutto desideriamo, io e la mia famiglia, ringraziare tutti per il grande affetto ricevuto. Davvero grazie. In simili circostanze può accadere di tutto, e per fortuna la violenza subita ha generato solo alcuni punti di sutura alla mia persona, lividi e molto spavento. Ora rimane da superare la paura», ha spiegato Baggio attraverso lo storico manager Vittorio Petrone. «Andiamo oltre, queste cose fanno parte della vita. Bisogna guardare avanti perché l’episodio avrebbe potuto avere un epilogo diverso. Speriamo in una maggiore attenzione in generale per fatti simili, in cui si ha una sensazione di impotenza, di rabbia e si è in balia dell’evento». Il campione ha preferito comunque non offrire ulteriori commenti: ora vorrà solo proteggere la propria famiglia. Riallinearsi al dettato della quotidianità richiederà un periodo di elaborazione, perché sempre la mente ha bisogno di tempo per assorbire i timori.

Baggio, dove si trova la villa della rapina: l'azienda agricola con una collezione di anatre di legno e la palestra privata

LA FIGURA

Illuminato da una nobiltà tecnica divina, Roberto Baggio giocava a calcio - va detto - per dimostrare che la perfezione è possibile e, non di rado, può posarsi perfino sulle terre dello sport. Aveva ricevuto in sorte un corredo di talento mostruoso - come fosse l’esito di una fusione di innumerevoli campioni - e, dondolando tra le sponde degli stadi italiani ed europei, creava meraviglie e prodigi. Di trofei e gol, Palloni d’oro, acrobazie e rigori decollati verso il cielo, sono colme le camere dei ricordi. Lampi e bagliori. Eppure Baggio ha saputo portare a compimento un percorso irrituale nel camminare della carriera, divenendo prima un’icona del Paese intero - un simbolo della Nazionale, più che il mito di una squadra di club - e infine riuscendo, con il ritmo lento della caparbietà, a porre una misura di distacco tra sé e il mondo. Non un passo indietro, piuttosto un passo di lato, ha scelto di compiere, traslocando in una dimensione altra, in cui sentirsi più in sintonia o, meglio, in armonia. Già da giovane aveva dovuto confrontarsi con gli infortuni, alcuni terribili: e sempre aveva risalito l’abisso, scalato la parete liscia. Fragile, ma ogni volta capace di rigenerarsi. E anche ieri, come si diceva, ha saputo passare una mano d’acqua sulla serata da incubo vissuta in casa con la propria famiglia. Riservato oltre la consuetudine e talvolta quasi inconsapevole della propria bravura, Baggio si è ritagliato via del palcoscenico del calcio in fretta, dopo il ritiro deciso venti anni fa. Dalla sua Caldogno, in provincia di Vicenza, si è trasferito nella quiete di Altavilla Vicentina, tra colli capaci di difendere in apparenza la solitudine di una famiglia.

Baggio, rapina nella sua villa: «Punti di sutura e lividi, ora resta da superare la paura. Grazie per l'affetto»

E si è dedicato alla terra, alla caccia e anche al buddismo della scuola giapponese Soka Gakkai, contribuendo ad aprire diversi centri per la pratica in Italia. Serio, riflessivo, equilibrato. Distaccato, sì, ma di una lontananza breve, colmabile con l’ascolto e l’aiuto reciproco - un animo di seta. E d’altronde sembra arduo, specie oggi, ricondurlo alla figura di uno sportivo: se mai, forse, è stato uno spirito libero prestato al calcio. Soltanto con l’appoggio (o per volere) della figlia Valentina si è accostato, con prudenza, al mondo dei social: a seguirlo su Instagram ora sono oltre 430 mila follower. «Grazie ai tifosi, un abbraccio a tutti», sorrideva nel primo post, quattro mesi fa, rispondendo alla figlia da una Panda verde arrampicata tra i prati verdi. «Però ora basta eh...», aveva subito tagliato corto. Una forma di timidezza e di umiltà, solo parzialmente attenuata nel 2013, quando è salito sul palco di Sanremo per parlare ai giovani e ai tre figli. Pensieri pronunciati a bassa voce, lasciati a galleggiare nell’aria, che solo il silenzio della curiosità ha saputo accogliere.

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