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Fin dall’inizio, la trattativa sulla scelta del candidato presidente del centrosinistra in Basilicata è sembrata quantomeno complicata. Dopo il forfait di oggi di Domenico Lacerenza, individuato meno di tre giorni fa da Pd e Cinque stelle, presentato come interprete di un nuovo tentativo di ricostruzione del campo largo e costretto a lasciare dopo liti e polemiche perché «non posso non registrare le reazioni che ci sono state in seguito», si trasforma direttamente in un capolavoro di pasticcio politico e comunicativo. A cui si accompagna la rottura piemontese: il Pd sceglie la sua candidata, il Movimento reagisce offeso, allora adesso procediamo con il nostro programma e la nostra candidatura.
C’era stato forse troppo ottimismo dalle parti del Pd, dopo l’inattesa vittoria sarda, e persino dopo la sconfitta abruzzese, che aveva portato comunque nelle casse dei dem il doppio dei voti di cinque anni fa. Segnale, secondo i vertici, che l’idea di costruire uno schieramento ampio piace e convince. Il punto è che realizzare quel campo largo, tanto più mentre all’orizzonte si stagliano le Europee con il loro sistema proporzionale di voto (traduzione: ognuno per sé e vediamo chi ha più consensi), sta diventando un’operazione che, nonostante l’ostinazione reiterata della segretaria Elly Schlein, rischia di diventare titanica. E si direbbe desiderata veramente solo dal Partito democratico.
In Basilicata erano partiti male, con un candidato scelto dal Pd, Angelo Chiorazzo, e subito ripudiato dal Movimento Cinque stelle. Sono stati giorni di tavoli e trattative, per arrivare mercoledì al nome di Lacerenza, da cui prende immediatamente le distanze Carlo Calenda: lui, denuncia, e il suo referente a Potenza, l’ancora influente ex governatore Marcello Pittella, sono stati esclusi dal tavolo. E sanno di poter fare rumore: alle ultime Politiche, Azione da quelle parti è arrivata quasi al 10%. Meno di tre giorni e Lacerenza si ritira: la trattativa partita male finisce peggio.
Ora dal Pd predicano cautela, «risolveremo tutto, un passo alla volta», ma dal Movimento gira voce di una corsa in solitaria, tanto più nel giorno in cui i dem scelgono in Piemonte una loro candidata, là dove la trattativa era ancora più in salita. Già nei giorni del post Abruzzo, quando Giuseppe Conte ha dovuto fare i conti con risultati più che deludenti, nel Movimento qualcuno se lo chiedeva: non varrebbe più la pena perdere soli, anziché in coalizione, in modo da recuperare qualcuno dei grillini della prima ora, intesi come gli irriducibili del no alle alleanze?
Calenda dice che farà sapere la sua scelta domani e invita il Pd ad abbandonare Conte. Il M5S fa trapelare tutto il suo malumore. Il Pd col cerino in mano cerca di rimettere ordine in uno scenario esploso, con l’altissimo rischio di non riuscirci e dare per persa la partita prima ancora di giocarla, in Basilicata come in Piemonte. La destra sentitamente ringrazia.