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Capodanno islamista? "Di chi è la colpa": Sala resta muto, ma le parole di Gabrielli sono un caso

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Il silenzio assordante di palazzo Marino su quanto accaduto in piazza Duomo a Milano è veramente uno schiaffo a una città e a un Paese offeso e dileggiato dagli islamici arrampicati sulla statua di Vittorio Emanuele sul sagrato del Duomo. Oggi su Repubblica Milano Beppe Sala manda avanti Franco Gabrielli, ex capo della polizia e super consulente del sindaco di Milano  per la sicurezza: "La piazza e gli insulti sono il segnale di disagio di un Paese che ancora oggi si rifiuta di mettere a terra politiche serie di integrazione. Quando ero sottosegretario alla presidenza del Consiglio chiedevo che fosse istituito un ministero alle Politiche migratorie, perché penso che una corretta integrazione di chi arriva in Italia serva anche a scongiurare fatti come quelli di piazza del Duomo. Se queste persone non si sentono parte della nostra società, le vicende come quella che abbiamo visto non si risolvono. Certo non con le zone rosse o con provvedimenti simili. Sono tutti palliativi".

E ancora: "Se guardiamo la vicenda di piazza del Duomo da un punto di vista soggettivo, io mi sento offeso due volte, come cittadino e come divisa. Quindi sgombriamo subito il campo da equivoci: chi parla non è insensibile alle offese". Ma, prosegue, "credo che, come al solito, si sia preso un episodio certamente molto negativo, enfatizzandolo in maniera eccessiva. Inviterei chi oggi lo accentua tanto a frequentare i social network, le curve dello stadio o le manifestazioni, dove il dileggio delle forze dell’ordine è molto praticato. Io stesso di insulti in piazza ne ho presi parecchi".

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"Piazza del Duomo è una zona rossa e quello che è accaduto non mi pare certo lo spot migliore per rappresentarne l’efficacia - continua riguardo alle ’zone rossè - Chiariamo, io non sono pregiudizialmente contrario alle zone rosse. Oggi il dibattito politico è talmente intossicato che se dico qualcosa contro le zone rosse, subito si pensa che da poliziotto io sia diventato una specie di anarchico. Io la divisa ce l’ho cucita sulla pelle, ma dico semplicemente che un problema complesso non si risolve così. Ben vengano zone della città dove l’attenzione è più alta, ma bisogna gestirle nel modo giusto". "È nei fatti - spiega - che certe modalità dissuasive a volte lascino il tempo che trovano se non vengono accompagnate, come ho detto prima, da politiche di integrazione". 

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