È un messaggio a tutti: opposizioni, alleati, elettori, e anche a quel "pezzetto" di magistratura che secondo lei "vuole governare".
"Nonostante gli attacchi gratuiti quotidiani e i tentativi di destabilizzare il Governo, il sostegno degli italiani rimane solido", afferma Giorgia Meloni sui social, rilanciando un sondaggio di Supermedia Youtrend in cui FdI è al 30,1%, +0,5 rispetto al 16 gennaio.
In mezzo ci sono stati il viaggio a Washington per l'insediamento di Donald Trump, quello in Arabia Saudita con gli accordi da circa 10 miliardi di euro, ma soprattutto il caso Almasri. Che ha fatto salire di livello lo scontro con le toghe.
In parallelo, ed è il dato su cui punta ora la premier, crescono i consensi, ai livelli di inizio 2023. La sua lettura è univoca: "Il lavoro che stiamo facendo per difendere l'interesse nazionale, creare opportunità per le nostre imprese e rafforzare la nostra Nazione è quello giusto". Quindi "avanti, come sempre, a testa alta".
Qualcuno collega il riferimento al consenso agli sfoghi dei giorni scorsi quando, sull'onda dell'ira per la mossa del Procuratore di Roma Francesco Lo Voi, ai suoi diceva che l'ipotesi di un ritorno al voto potrebbe diventare un'opzione davanti a fattori di logoramento esterno. Fra i meloniani si sottolinea più che altro l'intenzione di non indietreggiare, dopo questo messaggio, dai toni perentori ma più soft di quelli del video con cui martedì ha annunciato di essere sotto indagine, dopo essersi recata al Colle. La rivelazione del Messaggero è stata confermata da fonti del Quirinale, secondo cui la premier in quell'occasione ha comunicato a Sergio Mattarella di aver ricevuto l'avviso di iscrizione nel registro degli indagati, con il sottosegretario Alfredo Mantovano, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi.
Nessuna conferma invece sulla possibilità che la premier gli abbia anche anticipato la sua intenzione di intervenire così duramente sui social. Non è il primo faccia a faccia fra i due in momenti significativi della legislatura, ma certamente uno dei più delicati. Continua il silenzio attento del presidente della Repubblica su questa vicenda dalle molteplici criticità. Anche nel giorno in cui riceve gli auguri per i dieci anni di mandato da buona parte del mondo politico, ma (fino a sera) non da Meloni e neanche da altri di FdI, ad eccezione del presidente del Senato Ignazio La Russa e del ministro Guido Crosetto.
Dal partito della premier partono invece batterie di note contro Lo Voi, che "ci ha messo tre giorni per iscrivere mezzo Governo nel registro degli indagati" ed "è apparso alquanto meno celere" nei confronti della Commissione d'inchiesta sull'emergenza Covid. E il capogruppo al Senato Lucio Malan rilancia l'idea di eliminare l'obbligatorietà dell'azione penale, salvo qualche ora dopo precisare che il riferimento è solo "al presunto 'atto dovuto' del procuratore Lo Voi, citando la legge Cartabia che ha chiarito ulteriormente che non c'è obbligo di iscrivere nel registro degli indagati chiunque sia accusato in una denuncia". L'altro fronte aperto è con la Corte penale internazionale la cui tempistica del mandato d'arresto del libico è contestata dal governo.
"Il Consiglio europeo nel 2023 ha invitato tutti gli Stati membri a garantire la piena cooperazione con la Corte, compresa la tempestiva esecuzione dei mandati d'arresto", ricorda un portavoce della Commissione europea, a metà di una giornata che la premier trascorre la giornata lontano da Palazzo Chigi (a Milano, pare). Nella sede del governo in mattinata arriva Giulia Bongiorno, legale di tutti i membri del governo indagati per il caso Almasri. Per un quarto d'ora incontra Mantovano, poi conferma la linea del silenzio: "Devo fare ulteriori riunioni e poi parlo di tutto".
Sulla vicenda per ora Palazzo Chigi non ha apposto il segreto di Stato, che sarebbe invece una "mossa legittima sul piano giuridico e intelligente sul piano politico", suggerisce l'ex guardasigilli Clemente Mastella. Resta però da capire chi e quando andrà in Parlamento a riferire per il governo, come richiedono da giorni le opposizioni. Non lo farà il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che al Fatto quotidiano ha negato ci sia stato un buco di 48 ore prima del rimpatrio del libico in cui Nordio poteva risolvere la questione: "No, è arrivato un documento di 40 pagine con le accuse in inglese, da tradurre: non è così semplice". "Accidenti - il commento sarcastico di Iv - e se lo dice il Ministro degli Esteri siamo in una botte di ferro...".
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