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Non ci sarebbe stato alcun riferimento alla vicenda della giornalista Cecilia Sala, detenuta a Teheran dal 19 dicembre, nel corso del colloquio tra l’ingegnere 38enne iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, il console iraniano e il suo avvocato Alfredo De Francesco che si è tenuto ieri mattina al carcere di Opera: «Abedini è ovviamente molto spaventato, in un Paese che non conosce, in cui si parla una lingua che non conosce. In pochi giorni, ha cambiato tre istituti penitenziari, è passato da Busto Arsizio a Rossano Calabro, poi a Opera. È sostanzialmente in isolamento, non si riconosce nelle accuse degli Usa contro di lui. È un tecnico, un accademico, non è abituato a situazioni di questo tipo» sottolinea il legale. A cui Abedini ieri avrebbe detto: «Sono molto preoccupato per la mia famiglia e dispiaciuto di trovarmi di fronte a un'accusa che sostanzialmente mi considera al fianco di terroristi».
La Digos di Milano lo ha arrestato all'aeroporto di Malpensa il 13 dicembre su mandato di Washington che lo accusa di cospirazione per l’esportazione di componenti elettronici sofisticati dagli Usa all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e delle sanzioni e di fornire sostegno materiale a un’organizzazione terroristica, che ha portato alla morte di tre militari statunitensi uccisi da un attacco con un drone, l’Unmanned Aerial Vehicle (Uav), a una base militare in Giordania.
Il 30 dicembre il suo legale ha presentato alla Corte d’Appello di Milano istanza di arresti domiciliari in un appartamento milanese legato al consolato iraniano «fornendo tutte le possibili garanzie in grado di escludere ogni dubbio su qualsiasi ipotetico tentativo di fuga del mio assistito» spiega il legale che si aspetta che domani venga fissata la data dell’udienza che probabilmente non si terrà prima del 10 gennaio. Tutti gli atti sono arrivati nel frattempo sulla scrivania della procuratrice generale Francesca Nanni che dovrà esprimere un parere sulla eventuale scarcerazione di Abedini.
Oltre che le preoccupazioni per la liberazione di Cecilia Sala, giornalista di Chora Media e del Foglio, in una cella del carcere di Evin con accuse che non sono state ancora chiarite dalle autorità iraniane al di là di una generica e formale «violazione delle leggi islamiche», sulla decisione pesa anche il precedente del figlio dell’oligarca russo, Artem Uss. Anche per lui c’era stata una richiesta di estradizione degli Usa ma, una volta ai domiciliari su decisione della quinta sezione della Corte d’Appello di Milano, «esfiltrato da un commando» organizzato, Uss era riuscito a fuggire e tornare in Russia. «I due casi e i due Paesi, Russia e Iran, non hanno nulla a che vedere - sostiene ancora il legale - nella richiesta abbiamo provato da una parte a fornire garanzie molto serie, dall’altra a spiegare tutti i motivi che escludono in concreto la pericolosità sociale di Abedini».