Redigeva atti falsi utilizzando computer e credenziali di un collega (che per questo era stato arrestato e ha scontato un periodo di carcerazione preventiva) testimoniando l'esportazione di prodotti in Paesi extra-Ue per la quale non sono previsti diritti di accisa né Iva. Esportazione e prodotti però inesistenti.
Per questo un impiegato dell'Ufficio dogane di Trieste è stato condannato dalla Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia al pagamento record di 2,1 milioni di euro (oltre a rivalutazione monetaria), in favore dell'Agenzia dogane e monopoli (Adm) come danno per le mancate entrate tributarie.
L'impiegato, Francesco Condemi, di 63 anni, di Reggio Calabria, residente a Trieste, è stato intanto licenziato senza preavviso e ha già dovuto pagare 160mila a titolo di risarcimento al collega che era stato ingiustamente incolpato. E' stato inoltre condannato in primo grado dal Tribunale di Trieste per il reato di accesso abusivo a sistema informatico, mentre è stato assolto dal reato di calunnia.
Tra novembre 2017 e aprile 2018, quando lavorava al Servizio transiti del Punto franco nuovo di Trieste, Condemi aveva emesso atti cosiddetti "visti uscire" testimoniando che alcune merci erano state esportate. Si tratta di diversi prodotti alcolici cui si riferiscono 11 bollette di esportazione emesse dall'Ufficio delle dogane di Bologna e altre 4 emesse in Lituania e Spagna, sulla base di altrettanti "visti uscire" risultati, appunto, falsi e redatti da Condemi.
Questi, come testimoniato da video di telecamere installate nell'ufficio, quando il collega si assentava, sedeva al suo posto e compilava gli atti falsi. Il collega è stato poi completamente scagionato. Toccherà alla magistratura penale stabilire se Condemi agisse di propria iniziativa oppure fosse d'accordo con altre persone per facilitare l'evasione fiscale.
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