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Contagi sempre più in basso. Sulla fine del Covid gli esperti si dividono. "Ma non tornerà mai a far male come prima"

7 mesi fa 37
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I numeri dei contagi Covid scendono ai minimi termini, ma se gli scienziati sono concordi nel dire che mai tornerà a far male come prima, si dividono sul fatto se sia o no ai titoli di coda, con Gianni Rezza, ex direttore della prevenzione al ministero della Salute e professore di Igiene all’Università Vita Salute, San Raffaele di Milano più propenso per quest’ultima ipotesi, mentre Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive al San Martino di Genova, non esclude nuove ondate, sia pure non da mare forza sette.

Partiamo dai numeri. Oggi si celebrano i morti per Covid a 4 anni esatti da quelle colonne di bare delle vittime di Bergamo. Immagini fortunatamente lontane, perché oggi di virus ne gira pochissimo: in sette giorni i casi sono stati infatti appena 738, il 26,1% in meno della settimana precedente che già era il livello minimo mai toccato dal giugno dello scorso anno. Ma allora eravamo in estate mentre ora siamo ancora in inverno, anche se agli sgoccioli della stagione fredda. Si dirà che molti il tampone non lo fanno più, ma la discesa dei contagi avviene mentre i test, 134mia in una settimana, aumentano del 3,1%, con un tasso di positività irrisorio: appena lo 0,6%, lo 0,2% in meno della settimana precedente. Per non parlare dei ricoveri, ridotti anche loro ai minimi termini, con appena l’1,4% dei letti occupati nei reparti di medicina (1,4%, pari a 800n pazienti) e lo 0,4% nelle terapie intensive (31 ricoverati).

Con questi numeri il Covid è in grado di risalire la china?
Per Bassetti si, »anche se da un punto di vista clinico non tornerà mai far male come prima». «Però – aggiunge - non dobbiamo commettere errori di comunicazione dicendo che il virus non circolerà più, perché è come dire che la spagnola è finita, mentre quel virus circola ancora, anche se non è più temibile come lo era 100 anni fa». L’infettivologo di Genova prevede ancora una altalena di casi, «con fasi a bassissima circolazione del virus, come quella attuale e qualche nuova ondata, anche se non dico con i numeri di 4 anni fa ma nemmeno con quelli al principio dell’era Omicron».

Per evitare rischi l’arma però, secondo Bassetti è sempre la stessa, il vaccino. «Ma anche qui dobbiamo cambiare strategia. Lo scorso anno delineando un target di persone a rischio troppo ampio abbiamo iper immunizzarne appena il 6%. Ora dico di cambiare passo: restringiamo il target, magari partendo dai 75 anni in su e coinvolgendo solo i super fragili con più patologie, ma centriamolo bene. Anche perché gli insuccessi del passato sono costati alcuni miliardi di euro che la nostra sanità non può permettersi di sprecare così».

Più ottimista invece Gianni Rezza
«Il Covid ci ha abituato sempre a sorprenderci con qualche brutto scherzo mutando le sue vesti. Però questa volta tutto fa ben sperare, sia per l’arrivo della stagione calda, sia perché con questa così scarsa circolazione del virus è più difficile che questi possa alla fine mutare». Il che per l’esperto significa che «con la stagione fredda se il Covid si comporterà come gli altri virus respiratori una ripresina dei casi potremmo anche averla, ma senza più vere ondate, ma nemmeno ondine come quella di dicembre scorso. Sempre che non muti». Affinchè però non spunti qualche nuova variante o un nuovo sottolignaggio di Omicron per Rezza «è necessario coprire bene con i vaccini le persone particolarmente immunodepresse, perché quando il virus entra nel loro organismo non trovando difese immunitarie in grado di contrastarlo questo finisce per restarvi a lungo e per riuscirci tende a mutare aspetto in modo da sfuggire ad anticorpi e linfociti T». Anche per Rezza quindi per continuare ad avere un Covid quasi impalpabile, bisogna continuare a vaccinare. «Ma non salirei troppo con l’età, continuerei invece a raccomandarlo. come si fa per l’influenza, a immunodepressi e over 60, perché è a partire dal quell’età che si rilevano i casi più gravi». La filosofia però è sempre la stessa: proteggere se stessi per tutelare anche gli altri. Lo dobbiamo a noi e alla memoria di chi non c’è più.

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