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Cosa c'è dietro il viaggio di Giorgia dall'alleato Trump

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Mario Sechi 05 gennaio 2025

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L’aereo di Stato è decollato ieri da Roma, destinazione Palm Beach, Florida. Giorgia Meloni è volata a Mar-a-Lago per un faccia a faccia con Donald Trump che è stato concordato personalmente nei giorni scorsi, i due hanno un rapporto diretto, i leader decidono, gli staff eseguono. La sorpresa è di chi dopo oltre due anni non ha ancora compreso come funziona la diplomazia meloniana e continua a sottovalutare la proiezione internazionale dell’Italia e del Presidente del Consiglio. Meloni guida il governo più stabile in Europa, è un elemento chiave del Consiglio Ue e degli equilibri della nuova Commissione europea, è inoltre uno dei componenti anziani del G7 dove tutti i leader o sono caduti o sono in rapida decadenza.

Meloni conosce i dossier più complessi che interessano la nuova amministrazione americana che si insedierà il 20 gennaio: l’Ucraina, prima di tutto, uno dei punti più delicati per il Congresso a guida repubblicana, dove la premier ha un solido rapporto con Zelensky; il Medio Oriente, l’Africa e il Mediterraneo, dove l’America ha bisogno di collaborazione, relazioni multiple e fonti affidabili (a cominciare dall’intelligence) che l’Italia può assicurare; l’Est Europa, uno spazio immenso e frammentato di popoli e nazioni dove Meloni ha connessioni stabili di antica data, un puzzle di Stati che anche per la politica estera di Trump resta lo storico “cuscinetto” con la Russia, a cominciare dalla Polonia (basta rileggere il discorso che l’allora Presidente tenne il 6 luglio del 2017 a Varsavia, nella simbolica Piazza Krasinski, dove sorge il monumento dedicato alla rivolta di Varsavia del 1944); la partita dei dazi sul commercio, degli investimenti nel settore della Difesa e delle forniture di energia, un tris di carte che Trump calerà nel negoziato con Bruxelles per riequilibrare la bilancia commerciale americana con la spesa militare, l’aumento dell’export di gas liquido e petrolio verso l’Europa e la protezione del Made in America. Nel dossier, un caso diplomatico che è un intrigo internazionale orchestrato dall’Iran, la prigionia di Cecilia Sala a Teheran e lo scambio chiesto dal regime con un complice dei Pasdaran arrestato in Italia su mandato della giustizia americana.

L’incontro con Trump, prima dell’Inauguration Day, sul piano simbolico è il segno della relazione tra «migliori amici» (sono parole di Trump rivolte a Meloni durante la prima telefonata dopo la vittoria alle elezioni presidenziali); sul piano diplomatico, è l’occasione per scrivere un’agenda di impegni con un alleato storico, l’Italia, che oggi ha una grande influenza negli equilibri di un’Europa dove la mappa del potere sta cambiando rapidamente. Come dice la sinistra con il coro dei giornali? «L’Italia è isolata».

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