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All'alba della nuova era Trump, che subito promette di «annullare il mandato sulle auto green» oltreoceano, per l'Europa e la sua industria è il momento della verità. Il 30 gennaio Ursula von der Leyen inaugurerà il tanto atteso dialogo strategico sull'automotive puntando a offrire già nel giro di un mese le prime risposte concrete a un comparto gravato dalla complessa transizione all'elettrico e dall'implacabile concorrenza di Pechino, a cui si aggiunge la minaccia di possibili dazi americani che rappresenterebbero un altro duro colpo. Salda al timone dei negoziati con costruttori e partner, la leader tedesca offrirà una sponda alla battaglia che da mesi vede le big dell'auto Roma e Berlino in prima linea: il confronto strategico, nella visione del vicepremier Matteo Salvini, «accoglie gli auspici dell'Italia per difendere, con buonsenso, famiglie e imprese contro 'gli eco-estremisti'". Una tutela che nelle prossime ore il ministro Adolfo Urso discuterà a Strasburgo con quattro commissari - tra cui il vicepresidente Ue Raffaele Fitto - e a un convegno organizzato dalla delegazione di FdI al Parlamento europeo. L'azione di von der Leyen promette di essere guidata dal pragmatismo e trarrà ispirazione anche dalla bussola per la competitività Ue - in arrivo il 29 - plasmata dalle indicazioni di Mario Draghi.
Bruxelles, ha evidenziato lo stesso esecutivo Ue, «riconosce l'urgente necessità di agire per proteggere l'industria automobilistica europea e darle un futuro»: incentivi per stimolare la domanda di auto green legati a flotte aziendali, mercato dell'usato, elettrificazione, oltre alla protezione dai maxi-sussidi cinesi e alla garanzia di sovranità sulle materie critiche essenziali, sono le misure che Palazzo Berlaymont inserirà in due diversi documenti dando seguito al dialogo. Prima il Clean industrial deal - in arrivo il 26 febbraio, a risultati delle elezioni tedesche acquisiti - disegnato con l'intento di riequilibrare ambizione climatica e competitività. E poi, a data ancora da destinarsi, un piano auto ad hoc nelle mani del commissario Ue ai Trasporti, Apostolos Tzitzikostas. La transizione all'elettrico al momento appare però intoccabile. Ci sarà più spazio per la flessibilità su percorso e strumenti. Ma, almeno fino alla revisione delle regole fissata al 2026, sembrano escluse retromarce su target di taglio delle emissioni di CO2 (in vista dello stop nel 2035 ai motori a diesel e benzina) e multe per chi non li rispetta: aggirarle sarà comunque possibile attraverso alleanze tra i costruttori oppure dirottando i proventi allo stesso comparto per finanziare ricerca e sviluppo.
Il governo, nel titolo del convegno promosso da FdI all'Eurocamera, è deciso a «riavviare il motore». La «via da seguire» sarà supportata dai risultati del sondaggio commissionato dai Conservatori Ue (Ecr) su come i cittadini percepiscono la crisi e Urso farà il punto sul non paper presentato nei mesi scorsi. Uno dei punti cari all'Italia, appoggiato a gran voce anche dal Ppe di von der Leyen, prende sempre più quota: il principio della neutralità tecnologica da perseguire che lascia vive le speranze per l'utilizzo dei biofuel sostenuti dall'Italia e non soltanto degli e-fuel spinti da Berlino.